Italia, un Paese
in eterna emergenza

Il crollo del cavalcavia sulla A14 nelle Marche segna la condizione di un Paese in eterna emergenza. Tragedie di questo tipo possono succedere ovunque e tuttavia quando si verificano in Italia lasciano l’amaro in bocca perché alla casualità dell’incidente o al prorompere delle forze naturali quasi sempre si associa l’incuria dell’uomo. In questo caso sembra vi sia un errore tecnico, la struttura che doveva sostenere il cavalcavia ha ceduto. Resta il fatto che di nuovo due innocenti e incolpevoli automobilisti hanno trovato l’appuntamento con la morte su una struttura di pubblica utilità come l’autostrada. Colpisce il fatto che durante questa operazione il traffico non sia stato interrotto. Disattenzione, trascuratezza, timore per le proteste degli automobilisti? Al momento non si sa. Resta il fatto che la televisione tedesca non ha trascurato la notizia, a conferma che anche all’estero qualche apprensione la nutrono. Se vengono in Italia in vacanza siamo sicuri che ai malcapitati turisti non caschi in testa un ponte o che finiscano imbottigliati in un tunnel senza uscite di emergenza?

Non è un caso isolato. Qualche mese fa il crollo del cavalcavia nei pressi di Lecco è costato la vita ad un ignaro e fiducioso automobilista. Una questione di procedure gli ha spezzato la vita. La manutenzione spettava all’Anas o alla Provincia? Risultato: né una né l’altra ha effettuato i controlli. Nelle zone del Centro Italia, ancor oggi tormentate dal terremoto, alla fine si è scoperto che i lavori antisismici non erano stati compiuti con la necessaria consapevolezza. Leggerezza, faciloneria, da una parte, confusione burocratica dall’altra. L’Italia è fatta di questo in una percentuale però decisamente superiore alla media di quanto può accadere per probabilità statistica. C’è quindi una colpa, che però non possiamo sempre imputare agli altri. Una volta è il governo, l’altra lo Stato, e poi la sfortuna ma nessuno arriva mai al punto: siamo noi i colpevoli. Se in Sicilia cadono viadotti e strade appena inaugurate dov’era l’attenzione e il controllo dei cittadini elettori? E nelle zone terremotate dov’era la prevenzione antisismica in un territorio che storicamente è sempre stato colpito da eventi tellurici?

E al momento della partecipazione civica viene premiata la coerenza del politico nel dar seguito alle sue promesse elettorali o lo scambio clientelistico fra favori personali e preferenze dei candidati? L’Italia è in evidente difficoltà, il peso del debito impedisce al Paese di investire proficuamente nella crescita e lo condanna ad una strisciante stagnazione ma è soprattutto il decadere degli standard del vivere civile che colpisce. Non c’è giorno in cui non si registri un fatto di corruzione, non quella altolocata degli affaristi di mestiere, di cui la cronaca peraltro abbonda, ma di quella spicciola fatta di cartellini timbrati da colleghi compiacenti, di assenteismo strutturale, di medici che prescrivono medicamenti antitumorali per ingrassare le società di intermediazione di proprietà della moglie, di altri medici che invece che in corsia vanno a giocare a tennis. Un fenomeno che parte dal basso e che ha gradazioni diverse, dai rifiuti buttati per strada, ai vandalismi sui treni, alle scritte che insozzano i muri delle nostre città, il degrado avanza sulla cosa pubblica.

È tempo di farci carico dell’incapacità di far fronte ai doveri civici di una nazione moderna. Attendiamo un politico che abbia finalmente il coraggio di uscire dalla retorica del «siamo un grande Paese» e di suscitare nei cittadini la consapevolezza delle proprie debolezze e dei propri errori.

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