Internet autarchico, zar sempre più solo

Sta crollando tutto: in poco più di una settimana in Russia 31 anni di enormi sacrifici sono stati polverizzati o quasi. Salvare il salvabile ora sarà assolutamente non facile, come durissimo sarà accettare nel prossimo futuro questo drastico ridimensionamento per le fasce cittadine più evolute. In breve, siamo davanti ad una catastrofe simile a quella di Wall Street del 1929. Da dopo il crollo dell’Urss, dal 1991, l’Occidente ha aiutato la Russia negli ambiti più diversi – ad esempio, accogliendola nel G7 nel 1994; creando il Consiglio Nato-Russia nel 2002.

Ma soprattutto ha finanziato indirettamente la transizione russa alla democrazia e all’economia di mercato attraverso la dipendenza sempre più marcata dalle materie prime di Mosca.

Del resto diversamente non si poteva fare. Si sarebbe mai potuto lanciare un «Piano Marshall» che avrebbe potuto offendere i russi? La volontà comune era quella di integrarli in un mondo in cui democrazia, stato di diritto, economia di mercato e benessere sono estremamente interconnessi.

L’ex «nemico» della Guerra Fredda - era il ragionamento – avrebbe avuto così la possibilità di arricchirsi, di essere finalmente sazio, di vivere bene e di essere libero di viaggiare per i 5 continenti. Di conseguenza avrebbe iniziato a godersi la vita e si sarebbe lasciato alle spalle l’aggressività sovietica e il mancato rispetto di regole comuni del vivere in una comunità, quella internazionale. Con la Germania post 1945 tale ricetta ha funzionato.

Invece, con la Russia, è andata male. Ma è dal 2011 che è iniziata questa deriva. Da quando, violando la promessa fatta a Boris Eltsin, Vladimir Putin ha aggirato la Costituzione e ha presentato la sua candidatura al Cremlino per un terzo mandato. Dopo di allora è stato un succedersi di guerre e di lutti; di arretramenti sulle libertà base; di disprezzo verso qualsiasi minoranza; di eliminazione delle opposizioni; di ubriacatura delle masse con una propaganda tambureggiante; di atomizzazione della società in cui l’individuo è solo; di impoverimento economico; di soldi buttati in armi invece che in spesa sociale in un Paese in cui oggi la pensione media è 100 euro mensili.

Un alto diplomatico italiano ci svelò che nel 2014, al tempo dell’«annessione» della Crimea, le autorità federali a livello di governo non riuscivano a comprendere che l’Occidente non andava sfidato sui «valori». «Ma come? Gli occidentali rinunciano al nostro mercato? Ad una barca di soldi?», dicevano. «Gli occidentali sono dei corrotti: si vendono», la conclusione. Per 8 anni l’Occidente ha fatto finta di niente. Adesso, invece, ha spento la luce. L’illusione è finita: la Russia ha scelto di essere «Potenza», posta dai politologi locali come antitesi alla «democrazia».

Il risultato: morte, distruzione, censura, rublo crollato, risparmi risicati, rischio di disoccupazione, espulsione dal «salotto buono». Si torna a passare le estati in dacia a coltivar patate e a rischiare il «deficit» di tutto. In compenso ci si sollazzerà con l’Internet autarchico senza interferenze straniere.

Quale è la lezione da trarre? Non esistono scorciatoie alla democrazia, che rimane un sistema non perfetto, ma che garantisce libertà e prosperità. L’«uomo forte» - tanto agognato da chi si stanca dal tergiversare della mediazione infinita – prima o poi fa la frittata. In ultimo, anche in democrazie ormai mature come la nostra purtroppo c’è chi si lascia abbindolare dal leader «máximo» di turno.

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