L'Editoriale
Sabato 29 Ottobre 2016
Il sogno europeo
mai così a rischio
Senza sposare la tesi dell’economista francese Jean-Paul Fitoussi, secondo il quale quest’Europa arcigna è stata concepita solo per abbassare il debito pubblico, senza alcun interesse per la disoccupazione dilagante, certamente dopo Brexit l’Unione europea versa in uno dei suoi momenti peggiori. Una crisi conclamata. Secondo gli studi più accreditati la difesa spasmodica della moneta unica europea è costata, dal 2003 al 2014, l’11 per cento di Prodotto interno lordo europeo in meno e 18 milioni di disoccupati. In compenso abbiamo poco o punto inflazione, proprio come piace ai tedeschi. Crisi economica, precarietà, diseguaglianze, gestione dei flussi migratori sono i problemi della vecchia Europa. Bruxelles però sembra interessarsi a tutt’altro, «è isterica» per usare sempre le parole di Fitoussi, un giorno fa gli interessi del Nord e un altro del Sud, e l’Italia sembra uno dei Paesi che ne paga più le conseguenze.
Se Bruxelles avesse agito contro i Paesi del Centro e Nord Europa che non hanno applicato le quote previste di rifugiati e migranti con la stessa determinazione con cui ha imposto a Spagna, Grecia e Italia i vincoli di bilancio per anni, forse a quest’ora Austria, Danimarca, Svezia avrebbero rinunciato a darci lezioni di virtuosismo economico come avviene ora. E invece, nonostante l’operazione Mare Nostrum e le centinaia di migliaia di vite umane salvate e accolte sul nostro territorio, ci tocca pure il sarcasmo del premier ungherese Viktor Orban, quello che ha fatto costruire un muro di filo spinato lungo i confini per impedire ai profughi di entrare. Fa bene a reagire il nostro premier, che ribadisce di essere pronto a mettere il veto sul bilancio dell’Unione se non ci sarà condivisione di oneri e onori. Ma funzionerà la minaccia? Avrà anche un seguito?
Finora Bruxelles sembra essere totalmente sorda e continua ad usare due pesi e due misure, incurante della rabbia dei cittadini e del crescere di movimenti estremisti e populisti. L’austerità imposta ai Paesi del «Club Med» (dall’Italia alla Grecia) la rende odiosa: il Patto di Stabilità sembra l’unico totem cui consacrare l’unità europea. Accadrà anche con la nostra manovra economica? Nei giorni scorsi Renzi, dopo aver elaborato la manovra economica, ha aumentato la tensione tra Roma e Bruxelles. Come a dire: ora basta con le letterine, non accetteremo altri vincoli e ci sentiamo liberi di sfondare sul deficit. E anche il presidente della Commissione, il commercialista lussemburghese Jean-Claude Juncker, sembra tenersi a distanza da polemiche aspre o da rampogne pubbliche.
Il governo italiano è già stato sottoposto in passato a procedura per deficit eccessivo e non ha nessuna intenzione di ripetere quell’esperienza. Le sfuriate di Renzi verso «i tecnocrati di Bruxelles» lo confermano. Del resto il sentimento antieuropeo in Italia sembra montare più degli altri Paesi, alimentato dalla crisi economica e dalla quasi totale mancanza di risposte da parte dei «tecnocrati». Anzi, sono proprio i «tecnocrati», come in Grecia, a serrare sempre più la morsa nella quale ci troviamo.
Forse è venuto il momento di rivedere le regole di bilancio europeo, a cominciare dal cosiddetto «Fiscal compact», e dell’atteggiamento della Commissione come arbitro un po’ troppo severo della nostra economia.
Il messaggio che continua a lanciare Renzi è questo. L’attacco di Budapest è arrivato dopo che il premier aveva annunciato che l’Italia è pronta a mettere il veto sul bilancio europeo se Paesi come l’Ungheria e la Slovacchia non accoglieranno i migranti come previsto dagli accordi Ue.
Anche se il gioco si fa molto pericoloso. L’impetuosa crescita del Pil britannico non contribuisce solo a gonfiare l’economia dell’Isola ma anche i movimenti populisti e antieuropeisti che attraversano il vecchio Continente. D’altra parte, nonostante la maggiore cautela, Bruxelles non sembra voler cambiare il suo atteggiamento.
La pagella definitiva dell’Unione europea sui conti italiani arriverà dopo il referendum del 4 dicembre. Se fosse negativo, il nostro Paese reagirebbe malissimo e non accetterebbe procedure di infrazione, non si sa con quali conseguenze. Stiamo assistendo alla fine di un sogno?
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