Il puzzle dei docenti
Una legge non basta

La macchina delle nomine dei docenti è partita con almeno tre settimane di ritardo rispetto al solito. Inevitabile, visto che la legge sulla scuola è in vigore solo dal 14 luglio e i decreti attuativi con le procedure stabilite dal ministero sono arrivati poi.

Il personale dell’Ufficio scolastico, che lavora in agosto alle nomine per l’organico «di fatto» (quello richiesto dai presidi a fine anno sulla base della situazione reale, rispetto a quello «di diritto» stabilito aritmeticamente in base alle preiscrizioni), quest’anno ha battuto ogni record passando in ufficio anche il giorno del patrono Sant’Alessandro.

Detto questo, il polverone non è giustificato. A Bergamo ci sono da assegnare ancora 243 posti comuni e 385 di sostegno e si continuerà a correre per sistemare tutto per l’apertura dell’anno scolastico, ma i meccanismi amministrativi sono in gran parte preesistenti alle legge di riforma. Per esempio, lo sbilanciamento geografico tra disponibilità di docenti a Nord e a Sud, o quello tra posti e materie ( più candidati che posti per le discipline giuridiche, più posti che candidati per matematica) sono problemi presenti da decenni. Una legge non può garantire il posto sotto casa e se pochi scelgono di laurearsi in matematica, è logico che domanda e offerta si incontrino solo parzialmente.

Hanno ragione i sindacati a sottolineare che i precari della fase C, nonostante i loro punteggi più bassi, avranno maggiori possibilità di ottenere una cattedra vicino casa rispetto ai colleghi di ruolo della fase B. Ma le transumanze annuali di docenti sono una tradizione. A differenza del settore privato dove la sede è quella, prendere o lasciare, la scuola prevede da sempre il trasferimento. Chi diventa di ruolo è assegnato in prova il primo anno a una sede provvisoria e nel febbraio successivo alla nomina, il neo immesso deve indicare la sede che preferirebbe come definitiva.

La Buona scuola mantiene questo meccanismo e prevede inoltre un piano straordinario di mobilità per il 2016-2017, un modo per assestare la situazione un passo alla volta. Inoltre, anche nella sede definitiva, il contratto triennale non áncora il docente all’istituto scolastico (come dovrebbe essere nell’interesse degli studenti e del funzionamento complessivo), ma solo alla provincia di riferimento, lasciando un margine di mobilità per i docenti che vogliono avvicinarsi a casa.

Per gli uffici scolastici si tratta di conciliare ogni anno -e anche quest’anno - tutti i pezzi del puzzle. «Tutte le cattedre saranno coperte», ha dichiarato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, sottolineando lo sforzo per ridurre al minimo la mobilità e per raggiungere in tre anni una maggiore regolarità di sistema, stabilizzando chi c’è e reintroducendo il concorso come normale strumento di reclutamento. L’anno scolastico 2015-2016 rappresenta perciò solo l’inizio di una riorganizzazione amministrativa che ci si augura renda più scorrevole la vita a scuola, meno accidentate le carriere, meno frastornante il carosello degli insegnanti.

Tra le critiche emerse in questi giorni vale la pena di segnalarne due: il fatto che, con 201 posti vacanti - solo in parte coperti dalla fase B - siano esclusi dalla stabilizzazione i 400 docenti di matematica abilitati con Tfa e il rischio che fino a 10 mila posti dell’organico aggiuntivo per il potenziamento rimangano quest’anno non assegnati perché non possono essere coperti da supplenti annuali. È stato calcolato che il Mef, il ministero dell’Economia, risparmierebbe 34 milioni ogni mille posti non assegnati.

Infine, la questione presidi. Tutti i neo presidi lombardi entrati in ruolo lo scorso anno sono stati confermati. L’Ufficio scolastico regionale ha pubblicato anche i nomi dei vincitori della prova speciale per gli esclusi del tormentato concorso 2011 e ieri in serata il ministro Giannini ha annunciato l’assunzione di altri 336 dirigenti. Forse l’epoca delle reggenze sta per finire.

© RIPRODUZIONE RISERVATA