Il balletto delle liste
non brilla per qualità

E’ sempre accaduto che le liste dei candidati alla Camera e al Senato rivelassero, una volta compilate e presentate, delle sgradite sorprese. Ma, soprattutto nella Prima Repubblica, erano casi abbastanza rari: gli apparati dei partiti erano occhiuti e sapevano tutto di tutti, nel bene e nel male. Ciò che sta accadendo invece in questa incipiente e già zoppicante Terza Repubblica dimostra lo scarso controllo sulle realtà territoriali da parte delle leadership nazionali. Ne ha dato dimostrazione l’imprevisto di cui ha fatto le spese Luigi di Maio che ha presentato con enfasi un candidato-vip (ex ammiraglio Nato) che subito dopo si è dovuto ritirare perché rivelatosi incompatibile: al suo paese era consigliere in carica per il Pd.

Ma non è certo il solo. In queste ore sta crescendo l’imbarazzo per il deputato uscente di Forza Italia ricandidato in Campania che coinvolto in una inchiesta sulla criminalità organizzata e che è stato fotografato in una convention del partito con il giudice che dovrà esaminare il caso suo e dei suoi fratelli. Ma ancora, il caso di quel candidato Cinquestelle che è ritratto in un video mentre chiacchiera in palestra (è un ex pugile) con un membro del clan Spada di Ostia, ora in galera, e che in un post su Facebook si vanta di «aver menato uno straniero». Il Pd invece ha soprattutto casi di insoddisfatti che se ne sono andati e si candidano contro i loro ex compagni di partito: il caso più clamoroso è quello del renziano di ferro che faceva campagna elettorale per il sì al referendum e che adesso addirittura sfida Matteo Renzi nel suo stesso collegio fiorentino. Deve essere uno scontento.

Pippo Civati, leader della micro-formazione di sinistra «Possibile» dice che le liste del suo nuovo partito Liberi e Uguali sono addirittura «una schifezza»: ma lui almeno rinuncia a voltare le spalle. In questo mare di rancori e sospetti ci si può consolare con l’esempio positivo della giovane plurilingue laureata in economia che il M5S ha presentato come «consulente economica di Angela Merkel». Brava sicuramente lo è, però più precisamente è una delle assistenti in un reparto di un ufficio studi della Cdu: probabilmente la Cancelliera la vede qualche volta nei convegni. Piccolezze, slabbrature, difettucci. Certo. Chissà poi quanti di questi casi – il pugile o il reprobo ex renziano – arriveranno effettivamente alla Camera o al Senato. Il problema di carattere generale è invece la qualità delle liste presentate dai partiti e la reciproca riottosità dei partiti e della società civile più qualificata ad «incontrarsi». Caso esemplare, quello del professor Roberto Burioni del San Raffaele di Milano, il più noto e qualificato esponente della battaglia a favore della obbligatorietà dei vaccini, dato per certissimo candidato del partito democratico – che ne avrebbe sicuramente fatto uno dei suoi fiori all’occhiello – e che invece all’ultimo momento si è sfilato. «Sono più utile fuori», si è giustificato. Magari non ha torto.

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