I rischi per l’Europa
nel Risiko mondiale

Se saremo fortunati, il 2017 sarà un anno di innovazioni, incertezze e assestamenti, con possibili ricadute positive come una riconciliazione tra Usa e Russia, la sconfitta militare del Califfato e un rallentamento, se non proprio una tregua nella guerra civile in Siria. Se invece le cose andassero male, assisteremmo a una involuzione isolazionista degli Stati Uniti con ripercussioni nel mondo intero, a una ulteriore avanzata populista in Europa che potrebbe addirittura preludere alla fine della Ue e a un forte inasprimento delle tensioni in Estremo Oriente, con Pechino che porta avanti la sua offensiva nel Mar Cinese meridionale e la Corea del Nord che, grazie a ulteriori esperimenti, diventa una vera potenza nucleare in grado di colpire perfino la California. Dal 2002, che si è aperto poco dopo l’attacco alle Torri Gemelle e con l’inizio della guerra contro Al Qaeda, mai un anno si era presentato con tante incognite come quello che sta per iniziare.

Molto ruota intorno all’ormai prossimo insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump. Durante la campagna elettorale e il periodo di transizione, il neopresidente ha annunciato una gran quantità di progetti «rivoluzionari» – dalla costruzione di un muro lungo il confine con il Messico alla imposizione di superdazi alle merci cinesi, da una ristrutturazione della Nato a un flirt con la Russia – ma in realtà non conosciamo ancora il suo programma di politica estera. La scelta come segretario di Stato di Rex Tillerson, amministratore delegato della Exxon, duro negoziatore e amico di Putin, induce a pensare non solo che un compromesso con il Cremlino è probabile, ma anche che nei prossimi quattro anni la politica estera americana non sarà basata tanto sulla difesa degli ideali, quanto sugli interessi, secondo lo slogan «America first».

In altre parole Washington, nonostante la presenza di numerosi falchi nella nuova amministrazione, dovrebbe rinunciare definitivamente al ruolo di «poliziotto del mondo» concentrandosi sui problemi che la interessano più da vicino: per esempio porterà a fondo la guerra contro l’Isis, ma cercherà di disimpegnarsi dal Medio Oriente, rispetterà gli accordi commerciali che le convengono ma non quelli che ritiene abbiano portato alla perdita di posti di lavoro e farà pagare agli alleati, europei ed asiatici, quella protezione che finora ha fornito quasi gratis. Probabilmente, finirà con il rinunciare – per convenienza – alla denuncia degli accordi nucleari con l’Iran, tornerà a schierarsi con Israele dopo il «tradimento» di Obama all’Onu «congelando» il problema palestinese e applicherà gli accordi sul gas serra solo nella misura in cui non danneggeranno l’industria americana.

Per la nostra Europa, così lenta e macchinosa nel prendere decisioni, si preannuncia un anno difficile: per la richiesta americana di contribuire di più alla difesa; per lo stallo delle trattative sull’Ucraina; per la difficoltà a negoziare una Brexit accettabile; per una serie di scadenze elettorali piene di incognite e per la gestione del problema dei profughi. Una attenuazione dei combattimenti in Siria – come lascia sperare l’accordo russo-turco del 28 dicembre per un armistizio tra governativi e ribelli non jihadisti - potrebbe indurre una parte degli esuli a tornare in patria, attenuando la pressione sulla Grecia. Invece la migrazione di massa dall’Africa che più interessa l’Italia non solo continuerà, ma tenderà a intensificarsi. E Bruxelles non ha né le idee chiare su come arginarla, né la capacità di imporre una più equa distribuzione di chi arriva a Paesi dove nazionalismo e xenofobia avanzano di pari passo.

Infine c’è il problema cinese. Fino adesso, Pechino ha reagito con relativa moderazione alle «provocazioni» di Trump su Taiwan, sulla politica kissingeriana di «una sola Cina», sulle manipolazioni dello Yuan. Ma il presidente Xi, che attraversa un momento delicato all’interno, ha molte possibilità di ritorsione, e se decidesse di ricorrervi potremmo arrivare a uno scontro dalle conseguenze imprevedibili. Insomma, è un anno in cui conviene tenere sempre, ma proprio sempre, le dita incrociate.

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