L'Editoriale
Venerdì 15 Gennaio 2021
I responsabili
per salvare
il governo
La crisi di governo, finora non formalmente dichiarata, con il consenso del Capo dello Stato verrà «parlamentarizzata». Che vuol dire? Vuol dire che lunedì prossimo il presidente del Consiglio andrà alla Camera e al Senato, esporrà quanto ha portato alle dimissioni di due ministre e un sottosegretario di un partito facente parte della maggioranza, e chiederà ai deputati e ai senatori di esprimere il loro giudizio sulle sue comunicazioni. Saranno presentate delle risoluzioni di maggioranza che saranno votate a scrutinio palese e per appello nominale, cioè ogni parlamentare dirà apertamente sì o no a Conte. Sarà una manifestazione di «fiducia» politica in base alla quale il governo conta di andare avanti anche senza Italia Viva.
Si tratta dunque di una sfida a Renzi e se Conte, Zingaretti e Di Maio si sono convinti a lanciarla vuol dire che l’operazione «Responsabili» (o «Costruttori» come va di moda definirli oggi) sta camminando bene.
In effetti segnali in questo senso ce ne sono parecchi: si intravedono movimenti intorno ai centristi, ai transfughi ex grillini, agli eletti all’estero, ecc. Per soddisfare la richiesta del Quirinale (che non vuole maggioranze raccogliticce) dovranno però costituire dei gruppi parlamentari autonomi, operazione non impossibile, neanche al Senato dove una recente modifica al regolamento - approvata per bloccare il trasformismo - renderebbe la cosa più arzigogolata. E per spiegare che questa operazione è omogenea con la tendenza politica che ci porterà a votare con una legge elettorale proporzionale stile Prima Repubblica, è intervenuto Dario Franceschini: non siamo più ai tempi del maggioritario e dello scontro elettorale tra blocchi precostituiti, ha detto, ormai le maggioranze vanno cercate in Parlamento, alla luce del sole, e se un governo ha i numeri per andare avanti è legittimato a farlo. Ecco dunque che la condanna dei «Responsabili» che dannò quel povero diavolo di Scilipoti - il peone che tradì Di Pietro per Berlusconi e divenne il simbolo dei voltagabbana - oggi è caduta: è l’effetto del proporzionale. E chi è più adatto a gestire una fase del genere di un presidente del Consiglio che ha capeggiato (senza soluzione di continuità) prima un governo con la Lega, poi un governo col Pd e adesso si appresta ad imbarcare truppe centriste di varia provenienza? Pd e M5S ieri hanno blindato Conte facendo quadrato intorno a lui: non si tocca, hanno detto in coro.
Tutto questo suona come molto pericoloso per Matteo Renzi che potrebbe aver fatto una mossa di cui pentirsi. Intanto perché è circondato dalla generale riprovazione: l’aver aperto una crisi incomprensibile in piena emergenza pandemica gli stampa sulla fronte la patente di corsaro avventurista e irresponsabile. E poi perché se, arruolando deputati e senatori, Conte riesce a rendere superflui i voti di Italia Viva, questo partito rischia di frantumarsi, forse di sparire. Già i sondaggi danno la formazione intorno ad un misero 2-3%, tanto da garantire la rielezione giusto a Renzi e a pochi altri, ma se poi diventasse ininfluente, che senso avrebbe più? Zingaretti sta ripetendo che l’unica alternativa a Conte sono le elezioni anticipate per terrorizzare i renziani (ma non solo loro) matematicamente certi di non essere rieletti. Tanto che ci si aspetta un fuggi fuggi di dissidenti che lascerebbero Renzi per tornare al Pd: tra questi anche il socialista Nencini, in aperto dissenso con la decisione di uscire dal governo, che oltretutto porterebbe con sé il simbolo elettorale di «Insieme» prestato a suo tempo a Renzi per consentirgli di formare un gruppo parlamentare al Senato. Per i fedelissimi di Italia Viva insomma ci sono parecchi motivi di apprensione. Sempre naturalmente che l’operazione «Costruttori» vada in porto: ma questo lo sapremo molto presto.
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