I migranti e l’Europa
a due velocità

La Commissione Ue ha approvato il piano che prevede la redistribuzione di migranti tra gli Stati membri in base a quote prestabilite: all’Italia spetterà l’11,84% dei richiedenti asilo già presenti in Europa o che entreranno direttamente in territorio europeo per poi essere redistruibiti nei vari Paesi dell’Unione. A questi si aggiunge il 9,94% di 20 mila profughi (meno di 2000) che attualmente risiedono in campi profughi all’estero e che possono acquisire lo status di rifugiati.

La notizia è che il regolamento di Dublino secondo il quale il Paese di arrivo è quello che ha la responsabilità di accogliere i richiedenti asilo, viene di fatto superato e si avvia ad essere modificato a partire dal 2016. È questo un punto dirimente perchè secondo l’attuale normativa europea i migranti che raggiungono il territorio di uno stato membro dell’Ue sono di competenza del paese che li ospita. Un problema di non poco conto visto che i maggiori arrivi si hanno sulle coste del Mar Mediterraneo con la conseguenza di gravare sulle spalle di Paesi già colpiti dalla crisi economica e non in grado di offrire possibilità occupazionali stabili. L’Italia è terza per quote di ridistribuzione degli immigrati preceduta dalla Germania (18,42%) e dalla Francia (14,17%).

Le percentuali dei ricollocamenti dei migranti già sbarcati in Europa, sono state calcolate sulla base di quattro criteri: numero di abitanti del Paese Ue, Pil, numero di profughi già presenti nel Paese e tasso di disoccupazione. Un insieme di misure sostenute da una dotazione di 60 milioni di euro che i Paesi europei del Mediterraneo avranno a disposizione per gestire le emergenze dei flussi migratori. Regno Unito, Danimarca e Irlanda, non partecipano al piano di accoglienza ed esercitano l’opzione di potersi defilare. Un’Europa a geometria variabile che in questo caso funziona perchè in grado di operare senza imposizioni di veto. Occorre tuttavia chiedersi come mai la Commissione UE sia giunta ad affrontare il problema in termini così risoluti, definiti dall’alto rappresentante della politica estera Ue Federica Mogherini come “ passi da gigante”.

Un prezzo va pagato ed è di fatto l’intervento sul territorio nazionale di team stranieri per garantire che le procedure di foto segnalamento, di raccolta delle impronte digitali e quindi di identificazione siano compiute in modo puntuale. Una delle maggiori accuse rivolte alle autorità italiane da parte dei governi e delle opinioni pubbliche soprattutto dei paesi dell’est e del nord Europa è di non procedere all’identificazione in termini rapidi. Questo porta a fughe incontrollate che di fatto rendono l’immigrazione un fenomeno incontrollato. Molti dei migranti si distribuiscono sul territorio italiano senza una collocazione precisa sia in termini di lavoro che di riconoscimento personale autorizzato. Una condizione di inosservanza giuridica che si riflette nella trasmigrazione interna all’Unione verso paesi che garantiscono maggiori possibilità di lavoro.

La Germania è una delle mete preferite e di recente il ministro degli interni Thomas de Maizière ha fatto le proprie rimostranze perchè il problema visto da Berlino è la distinzione tra chi ha diritto all’asilo politico e chi no. La Germania ospita nelle sue strutture più di centomila stranieri che non hanno permesso di soggiorno e non possono chiedere asilo politico. Vi sono difficoltà a ricollocarli nei loro paesi d’origine e rimangono su suolo tedesco anche se non ne hanno il diritto. Ma non vengono lasciati sulla pubblica via. Si opera perchè possano essere collocati sul mercato del lavoro. Un lusso che l’Italia con una disoccupazione al 13 % non può permettersi.

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