L'Editoriale / Hinterland
Sabato 23 Gennaio 2016
I grandi numeri
del futuro di Orio
Sono numeri che spaventano, inutile nasconderlo. Quattordici milioni di passeggeri da qui al 2030 sono davvero tanti per una realtà come Orio al Serio, cresciuta in modo esponenziale dall’arrivo di Ryanair, anno di grazia 2002. Ora lo scalo bergamasco è il terzo d’Italia, e ha superato nel 2015 quota 10 milioni: un traguardo decisamente impensabile.
Nessuno avrebbe mai pensato di superare Linate e salire sul podio dopo Fiumicino e Malpensa. Potenza dei low cost, una rivoluzione che ha cambiato il modo di viaggiare di un intero continente. L’ha cambiato a tal punto che nei giorni scorsi ad Amsterdam è nata Airlines4Europe, un’associazione che vede intorno allo stesso tavolo Ryanair, Easyjet, Iag (British più Iberia), Lufthansa ed Air France-Klm. Se qualcuno ragiona ancora in termini di compagnie tradizionali e low cost, forse è il caso che cambi registro e si aggiorni un attimo: il cielo è uno solo, tanto più in Europa.
Ma torniamo ad Orio, che la sua fortuna l’ha fatta proprio su quei low cost erroneamente ritenuti all’origine un mercato di serie B: la storia ha detto poi diversamente, e ora ci sono ben pochi scali internazionali che non riservino qualche gate a Ryanair o EasyJet. Questo per dire quanto sia forte la posizione dello scalo bergamasco nello scacchiere europeo: non dimentichiamo mai che per Ryanair è il primo aeroporto continentale. E questo ha il suo peso in qualsivoglia trattativa: difficile che gli irlandesi volanti prendano cappello e se ne volino via. Anche nella vicina Malpensa dove sono comunque sbarcati nei mesi scorsi, senza per quello ridurre l’offerta su Orio. Anzi, potenziandola addirittura.
Questo per dire che, alla fine, la differenza nel successo o meno di uno scalo la fa più il mercato che i piani, tanto più quelli di natura dirigista: Malpensa docet, con annessi e connessi decreti Burlando e Bersani, dal valore simile a carta straccia. Quindi le previsioni di crescita di Orio hanno senso se supportate da forti azioni di mercato, che tengano conto anche dei limiti strutturali (fisici) di uno scalo che già ora appare talvolta al limite. Quattro milioni di passeggeri in più sono tanti, ma si possono ottenere lavorando al massimo sul load factor dei velivoli, il tasso di riempimento. Spaventa di più la previsione dei 100 mila movimenti, ovvero decolli/atterraggi. Più 25% rispetto al 2015. Vero che Ryanair ha annunciato dal 2017 l’arrivo di aerei capaci di abbattere del 40% gli attuali livelli di rumore, ma nei paesi dell’intorno aeroportuale (e nei quartieri di Bergamo) sono già con il fucile spianato. E più di una ragione ce l’hanno.
Fondamentale sarà la capacità di Orio di giocare su più tavoli con autorevolezza e serietà. Quello ambientale in primis, ma pure quello delle alleanze. È indubbio che le elezioni al Comune di Milano sposteranno in là il closing della possibile fusione Sea-Sacbo, al punto tale da fare sorgere qualche dubbio sulla sua effettiva riuscita. Chi conosce poi Vito Riggio, presidente dell’Enac e vero signore dei cieli italiani, non può non essersi allarmato davanti alle sue valutazioni sulla necessità per Orio di lavorare più sul quadrante Est, leggi Montichiari che su Milano. Eventualità tra l’altro mai esclusa da Sacbo. Come dire che il quadro è in continua evoluzione, e potrebbe riservare più di una sorpresa. Per questo serve chiarezza su tutti i fronti: per evitare una crescita di Orio fuori da ogni controllo, previsione e Piano di sviluppo, come del resto successo con i low cost. Un’epoca d’oro che ha portato ricchezza e lavoro, ma anche problemi ambientali sul territorio. E se non si cresce insieme, questa volta il rischio è di rimanere tutti a terra.
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