L'Editoriale / Bergamo Città
Giovedì 02 Luglio 2015
I compiti di Matteo
Elogi della maestra
Nel telegiornale del primo programma della televisione tedesca Matteo Renzi in visita a Berlino è ignorato. Ha tenuto un discorso all’università Humboldt, un luogo simbolico dove nel 2000 l’allora ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer espose la sua idea di Europa, con un presidente eletto, un Parlamento deliberante e una seconda Camera di tipo federale.
Sono passati 15 anni e mai discorso politico appare oggi con la Grecia con un piede fuori dall’euro così vano e velleitario. Speriamo che al primo ministro italiano non porti iella. Renzi ha toccato temi sensibili e delineato una sorta di via italiana alla politica estera europea. L’idea che l’Europa debba essere considerata «un contraltare alla Russia è un errore politico, un crimine culturale, un falso storico» è un’affermazione che va controcorrente nel panorama europeo.
La Germania ha approvato le sanzioni proposte dall’America e di fatto rappresenta l’antagonista europeo del Cremlino. Ha tentato una mediazione con Hollande ma adesso Renzi spiazza tutti perchè considera Putin un interlocutore credibile e quindi da coinvolgere e non da escludere. La via italiana alla Russia è quella del gas e per un Paese che dipende così tanto dalle importazioni energetiche da Mosca è per così dire un passo obbligato.
Il presidente Hollande dall’alto dell’autosufficienza che gli viene dalle centrali atomiche si può permettere un atteggiamento ben più distaccato. Lo stesso può fare Angela Merkel che ha eliminato l´atomo e adesso punta tutto sulle energie alternative dell’eolico e del solare. Ma gli italiani non sono né uno né l’altro e devono pagare dazio.
Questo spiega perchè nel parlamento italiano Putin trova così tanti simpatizzanti. Renzi sta facendo Realpolitik ma le sue parole ai Paesi dell’Est europeo, ai baltici in primo luogo seguiti dai polacchi e poi dai cechi fanno venire l’orticaria. Così il cancelliere tedesco potrà esaltare ancor più il suo ruolo di terzietà che media tra gli interessi contrastanti degli europei e dà ulteriore risalto alla centralità strategica del suo Paese.
E questo spiega la disattenzione dei media tedeschi che praticamente nella visita dell’ospite italiano altro non vedono che il ripetersi dei clichè degli ultimi anni. Nel 2011 quando Berlino fece di tutto per disarcionare Berlusconi l’arrivo di Mario Monti fu salutato come «il miglior genero» che ci si potesse augurare.
È noto che se i generi piacciono troppo ai genitori poi finiscono coll’essere ingombranti per il partner. E infatti il professore piaceva talmente alla casa madre tedesca che gli elettori italiani gli preferirono un altro. Renzi ha esordito prima del suo viaggio a Berlino dicendo che è ora di smetterla di prendersela con la Germania e che la Grecia deve cominciare a tassare gli armatori , veri oligarchi dell’economia ellenica, e che quindi è tempo di riforme e non di chiacchiere.
Una dichiarazione che a Berlino sottoscrivono. Lo zelo renziano sta nel dimostrare che a Roma le riforme si fanno. E infatti Angela Merkel ha ripetuto quello che già con Monti diceva quattro anni fa cioè che si stanno facendo riforme strepitose. Peccato che siamo ancora lì e la crescita è più un auspicio che una certezza. Insomma un presidente del Consiglio che presenta i compiti fatti e aspetta l’elogio della maestra, che è puntualmente arrivato.
Per avere voce in capitolo in Europa ce ne vuole ancora. Intanto la ricetta dell’austerità funziona in Germania dove è stato varato il piano finanziario per il 2016 ancora in pareggio. Ma per gli altri sono ancora dolori e se a Berlino non si inventano qualcosa che unisca le riforme ad un piano credibile di investimenti in Europa alla Humboldt Universität anche questa volta saranno risuonate parole vuote.
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