Grand Hotel renziano
con le porte girevoli

Benvenuti al Grand Hotel Pd a porte girevoli: c’è posto per tutti in un partito ormai extra large. Ultimi arrivati otto parlamentari di Scelta civica, che non hanno neppure aspettato il congresso (il primo) di oggi per trasferirsi armi e bagagli nell’accampamento di Renzi.

Si sa qual è il problema del premier: archiviato da Berlusconi il patto del Nazareno, si tratta ora di puntellare l’area debole del Senato finita spesso in difficoltà. Non Non è il caso di andare troppo per il sottile, sembra di capire, del resto il fine giustifica i mezzi, specie se nobile: la governabilità. L’arrivo dei montiani, probabilmente dettato dall’istinto di sopravvivenza date le condizioni numeriche in cui si trova il partito in via di smobilitazione, non cambia in ogni caso i numeri perché già fanno parte della maggioranza, mentre la riserva di voti potrebbe essere costituita dai transfughi grillini e della zona grigia, quella di confine fra destra e sinistra. Siamo al record storico: in soli due anni di legislatura 173 eletti hanno cambiato casacca contro i 160 della precedente, dal 2008 al 2013. Gran parte è andata nel centro d’accoglienza renziano.

Beninteso: i motivi della transumanza possono essere anche alti, dettati dalla cuginanza politica, tanto più che nel caso dei montiani si tratta, per diversi, di un ritorno a casa. Niente di scandaloso. Ciò non toglie che il soccorso al vincitore lasci un che di discutibile, un retrogusto amaro, fatto di opportunismo e trasformismo. Trasformismo sul quale già si esercitò il Carducci: «Trasformismo, brutta parola a cosa più brutta. Trasformarsi da sinistri a destri senza però diventare destri e non però rimanendo sinistri». La madre di tutti i traslochi è stata la Sinistra storica e il padre Depretis, che codificò il termine nel 1882: «Se qualcheduno vuole accettare il mio modesto programma, se vuole trasformarsi e diventare progressista, come posso io respingerlo?». E, appunto in questa logica, perché Renzi dovrebbe respingere le scialuppe di salvataggio? Del resto il trasformismo (domare le opposizioni, cooptandone spezzoni che vengono via come grappoli), vizio nazionale o pratica di governo che sia, è il sistema su cui si è fondata la politica italiana per oltre un secolo dominata dal corpaccione centrista.

Il fatto è che, transitando dalla grande storia alla piccola attualità, recentemente ci siamo imbattuti nella premiata ditta Scilipoti&Razzi che non ha lasciato rimpianti ma forse eredi. Ricordate? È successo nell’era berlusconiana e si trattava allora di trovare una stampella dopo la strappo di Fini. Memorabile, a shopping consumato, l’arcitaliano Razzi che salutò Di Pietro per Berlusconi: «Devo pagare il mutuo». Oggi, evidentemente, stiamo parlando di altro, anche perché la pasta umana e professionale degli interessati è di ben altro spessore e indiscutibile. Si dà il caso, tuttavia, che le opposizioni accusino Renzi in base agli stessi motivi per i quali il Pd a suo tempo se la prese con Berlusconi: campagna acquisti. Insomma: in questo inquieto pendolarismo bisogna proprio fare l’esame del sangue, e poi chi è il giudice terzo che stabilisce gli eroi da una parte e i traditori dall’altra? Chi definisce la differenza fra i Responsabili di ieri (chiamati così per carità di patria) e gli Stabilizzatori di oggi? Fate caso anche al lessico da pronto soccorso.

A lungo s’è parlato di «diaspora» e «migrazione», termini di pregnanza storica, fin troppo impegnativi per queste miserie umane. Oggi, invece, si è scesi ai piani bassi della transumanza, termine che stona se riferito alle persone e che rimanda alla cucina politica del fritto misto. In tempi migliori queste tresche si facevano, ma si dicevano sottovoce. Una questione di stile. Lo stesso Renzi, vittima della cultura dell’eccesso, ha qualche deficit in materia: prima ha dileggiato Scelta civica («Esiste ancora?»), poi è passato alla chiamata. Si capisce così l’irritazione di Alberto Bombassei, montiano della prima ora, che ha parlato di «bullismo politico» riferito ad un Renzi aduso a strapazzare oppositori e perdenti.

Non sappiamo, a questo punto, quale sia lo stato di salute della trasparenza parlamentare, della dialettica fisiologica fra maggioranza e opposizione. Per ora se ne avvantaggiano Renzi e l’ipotetico «partito della nazione». Purché il premier, che pare camminare sulle acque, abbia il senso del limite, senza volere a tutti i costi stravincere. In fondo i più avveduti lo avevano detto in tempi non sospetti: l’avversario più implacabile del leader democrat è Renzi stesso

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