L'Editoriale
Martedì 13 Dicembre 2016
Governo fac-simile
a scadenza breve
E’ nato il governo Gentiloni, sessantaquattresimo gabinetto della storia repubblicana. Dovrebbe durare poco, sei mesi al massimo, e poi portarci a votare: si vedrà. La sua caratteristica fondamentale è la continuità: quasi tutti i principali ministri di Matteo Renzi sono rimasti al loro posto. Con due eccezioni significative. La prima riguarda Maria Elena Boschi che da ministro scala a sottosegretario alla presidenza del Consiglio, un apparente declassamento, in realtà il passaggio ad un ruolo delicatissimo e impegnativo che la rende di fatto il braccio destro del presidente del Consiglio in nome e per conto del suo predecessore Matteo Renzi. La Boschi aveva promesso che avrebbe lasciato il governo in caso di bocciatura della riforma a lei intestata: qualcuno - o lei o Renzi - deve aver cambiato idea.
Altro cambio importante, quello di Angelino Alfano che lascia il Viminale per la Farnesina. Spostamento che, nelle indiscrezioni della vigilia, era funzionale ad affidare alle mani del renzianissimo Luca Lotti il controllo dei servizi segreti attraverso un complicato gioco di caselle che prevedeva appunto il trasloco altrove di Alfano. Gioco che non si è realizzato tant’ è Lotti si occuperà addirittura di sport mentre i servizi saranno nelle mani del nuovo titolare del ministero dell’ Interno, quel Marco Minniti che da sempre si occupa silenziosamente di sicurezza e intelligence (un tempo in nome di D’ Alema, oggi non si sa). Alfano va dunque agli Esteri per una scelta di altra natura, probabilmente è lui stesso che ha chiesto e ottenuto la poltrona più prestigiosa del governo dopo quella del presidente.
Gli altri spostamenti sono meno significativi: silurata la ex montiana Giannini dall’ Istruzione - forse per le troppe critiche ricevute dalla «buona scuola» - a vantaggio di una cigiellina come Valeria Fedeli in buoni rapporti con Renzi. Promossi a ministri Claudio de Vincenti, un professore di economia della «Sapienza» unanimemente stimato, e Anna Finocchiaro che va ai Rapporti col Parlamento. Salvano la poltrona tutti quelli che venivano dati in bilico: la Madia (Pubblica Amministrazione), Poletti (Lavoro), Galletti (Ambiente). Ovviamente restano al loro posto sia Padoan, garanzia per i mercati e l’ Europa, sia i capicorrente di peso nel Pd come Franceschini, Orlando e Martina. Il governo perde un pezzo di maggioranza: i verdiniani non si sentono valorizzati - il viceministro Zanetti è uscito dalla squadra - e minacciano di non votare la fiducia. Gentiloni dovrà garantire più posti tra sottosegretari e sottogoverno se vuole avere vita tranquilla al Senato dove i verdiniani contano ben diciotto voti. Tiepida, tiepidissima la sinistra democratica: «Sui provvedimenti dovranno convincerci» è l’ avvertimento di Bersani mentre secondo D’ Alema «con un governo così alle elezioni i grillini ci asfaltano».
Già, le elezioni: quando ci saranno? Per Renzi il prima possibile, appena fatta la nuova legge elettorale, per cercare di trasformare in voti Pd quei 13 milioni di Sì referendari alla riforma costituzionale. Ma non è detto che accada. Intanto grillini e leghisti scendono in piazza e parlano di «governo illegittimo» ma Salvini litiga con Berlusconi accusandolo di usare i guanti con la creatura gentiloniana e di lavorare di nascosto ad un accordo con Renzi. L’ unico veramente soddisfatto è Mattarella: voleva un governo in tempi rapidissimi per affrontare gli impegni internazionali e le richieste della Ue sulla manovra economica, e c’ è riuscito; certo avrebbe preferito un Renzi bis ma anche Gentiloni lo garantisce. Era la sua prima prova da Presidente della Repubblica, nessuno - nemmeno le opposizioni - si è permesso di criticarlo: ha parlato poco e ha agito in fretta e con determinazione, la dimostrazione che il suo non è un settennato inerte come molti, abituati all’ interventismo di Napolitano, scrivevano da tempo.
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