L'Editoriale
Lunedì 05 Febbraio 2018
Gli obiettivi di Erdogan
nel viaggio a Canossa
Oggi Recep Tayyep Erdogan, dal 2014 presidente della Turchia di cui era stato primo ministro dal 2004, arriva in Italia e nello Stato del Vaticano. La dimensione delle due visite è assai diversa. La prima, segnata dagli incontri con il premier Gentiloni e il presidente Mattarella, è importante. La seconda, con l’udienza presso Papa Francesco, è eccezionale. La prima è prevedibile: Erdogan, come ha fatto di recente in Francia, cercherà di riallacciare i rapporti con l’Europa, approfittando delle ottime relazioni economiche con il nostro Paese. La seconda assai più difficile da interpretare, soprattutto nelle intenzioni del Rais.
Erdogan è il primo presidente della Turchia a chiedere un’udienza al Papa. Il precedente più recente, a questi livelli, risale al 1959, quando il presidente turco Celal Bayar fu ricevuto da Giovanni XXIII (che era stato delegato apostolico in Turchia dal 1934 al 1943) per un incontro che spianò la strada all’istituzione di relazioni diplomatiche tra Turchia e Santa Sede, inaugurate poi nel 1960. E se infine si ricorda che solo un paio d’anni fa le relazioni tra i due Stati avevano sfiorato la rottura dopo che Papa Francesco aveva parlato di «genocidio» degli armeni nel 1915 da parte dei turchi e lo stesso Erdogan, in risposta, lo aveva prima insultato («Delirio») e poi di fatto minacciato («Avverto il Papa di non ripetere questo errore»), diventa lecito chiedersi che cosa il presidente turco voglia ora ottenere.
Due sembrano i suoi obiettivi. Dopo che Donald Trump ha offerto la copertura degli Usa all’annessione di Gerusalemme Est da parte di Israele (illegale, secondo tutte le norme internazionali e secondo l’Onu, che considera quella parte della città «territorio occupato»), Erdogan si è proposto come leader del mondo islamico mediorientale e vindice dei diritti dei palestinesi. Anche Papa Francesco, prima ancora che Trump prendesse le proprie decisioni, aveva espresso «grande preoccupazione» per le sorti di Gerusalemme. Pare inoltre che Erdogan e il Papa si siano consultati per telefono nelle ultime settimane. A Erdogan piacerebbe poter vantare un’alleanza con il Papa. Ma la posizione del Vaticano e quella del Rais su Gerusalemme sono molto distanti: da decenni la Santa Sede indica in Gerusalemme una città internazionale da mettere sotto il controllo dell’Onu, mentre Erdogan vorrebbe Gerusalemme Est capitale di uno Stato di Palestina.
La «crociata» del presidente turco, disertata dalle monarchie del Golfo Persico, ha dato pochi risultati e oggi, forse, Erdogan potrebbe acconciarsi a qualche compromesso tattico. Ma le differenze di fondo restano e sono troppo profonde per far immaginare una santa alleanza islamo-cristiana intorno alla Città Santa. Questo ci introduce al secondo possibile intento di questa visita. Erdogan vuole accreditarsi come uomo di pace e leader musulmano pronto al dialogo con il mondo cristiano. Il tutto, però, mentre il suo esercito attacca il territorio di uno Stato sovrano come la Siria e i curdi che vivono nel cantone siriano di Afrin. E mentre la Turchia vive una fase di islamizzazione che rischia di cambiarne il carattere multietnico e multireligioso. Nel frattempo la Chiesa latina non ha alcun riconoscimento ufficiale in Turchia, ci sono problemi con le proprietà, le parrocchie e le organizzazioni religiose sono ostacolate in quasi tutti i loro tentativi di lavorare con i profughi cristiani arrivati in Turchia dalla Siria e dall’Iraq.
Non a caso anche tra i cristiani di Turchia si percepisce qualche perplessità su questa udienza, rapidamente accordata e organizzata. La diplomazia vaticana è più che avvertita e sa che Erdogan è leader da maneggiare con cura. In ogni caso, è lui che va a Canossa, costretto a riconoscere il carisma e la statura internazionale di Papa Francesco.
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