L'Editoriale
Martedì 17 Gennaio 2017
Germania e Italia
Partner necessari
Tra poche ore il nostro premier Paolo Gentiloni sarà in visita a Berlino, in occasione di un’importantissima Conferenza economica italo-tedesca, in un clima rovinato dalle accuse a distanza sul dieselgate del ministro tedesco dei Trasporti Alexander Dobrindt. Il tema della conferenza riguarda la digitalizzazione del settore manifatturiero e nuovi investimenti per promuovere crescita e occupazione. Non è un appuntamento da poco. Sono molti gli aspetti che interessano i due Paesi, in particolare la colossale «Piattaforma Industria 4.0» che riunisce imprese, università, centri di ricerca e associazioni di categorie al fine di rendere più competitive le piccole e medie aziende.
Aspetti su cui si confronterà il mondo dell’industria tedesca, che su questi temi - dalle nuvole digitali per immagazzinare i dati alla stampa in 3d - lavora da tempo. Roma punta giustamente a intensificare la collaborazione con Berlino sulla cosiddetta «quarta rivoluzione industriale» avviando una collaborazione con la Germania a vari livelli. La collaborazione tra la prima e la seconda manifattura d’Europa è certamente un modo per diventare ancora più competitivi di fronte alla concorrenza spietata del «Far East» e degli Stati Uniti, soprattutto in vista del nuovo protezionismo economico che verrà inaugurato dal presidente Donald Trump (e infatti il nuovo inquilino della Casa Bianca ha già sferrato un attacco durissimo alla Merkel sull’accoglienza dei profughi, accusando la Germania di farla da padrona in Europa).
Ma è chiaro che sull’incontro tra Gentiloni e la Merkel pesa la richiesta di Berlino di richiamare alcuni modelli Fca dopo le accuse mosse dall’Epa (l’agenzia per la protezione ambientale americana) e poi riprese dal Dipartimento di giustizia sui dispositivi di spegnimento dei motori diesel dell’azienda di Marchionne. Fiat 500, Doblò e Jeep-Renegade: sono questi i modelli Fca per i quali il ministro dei Trasporti tedesco Dobrindt chiede all’Ue che sia garantito il richiamo, per le presunte violazioni sulle emissioni. Come si vede, un vero e proprio attacco al cuore dell’industria italo-americana in nome della «ditta» tedesca. Per sminuire le colpe tedesche (così fan tutti) e danneggiare la concorrenza. Lo capirebbe anche un bambino.
È chiaro che le richieste di Dobrindt sono puramente strumentali e mirano a favorire l’industria automobilistica tedesca, fortemente penalizzata dopo lo scandalo che ha già visto la Volkswagen, rea confessa, a pagare 15 miliardi di dollari di multa, per non parlare dei 4,3 miliardi di dollari in via di dibattimento.
Naturalmente la vicenda italiana, anche se all’apparenza può sembrare analoga, è sostanzialmente diversa e probabilmente sarà ancora meno grave con il cambio di vertice atteso all’agenzia americana dopo l’avvicendamento dell’amministrazione Trump. Per non parlare del fatto che la Germania non ha nessun titolo per chiedere il ritiro di modelli di un’industria di un altro Paese. E in questo senso hanno fatto bene i ministri dello Sviluppo economico Carlo Calenda e delle Infrastrutture Graziano Delrio a invitare Dobrindt a guardare in casa propria. Ma le guerre in Europa, si sa, oggi si fanno sul piano della comunicazione e dell’economia (per fortuna). E come sempre al centro dello scacchiere c’è la Germania: la Germania del ministro delle Finanze Schauble che ci ordina di tenere i conti a posto; che non accetta le nuove regole sui bilanci e le imposizioni fiscali dell’Unione europea messe a punto da una commissione presieduta dal nostro Mario Monti. Che ci attacca sul nostro debito pubblico, che ci fa la morale sulle banche dopo aver speso centinaia di miliardi per aiutare quelle tedesche dopo la crisi Lehman del 2008.
Eppure Germania e Italia rimangono partner economici e politici forti. Gentiloni e la Merkel lo sanno bene. Sanno che dai due Paesi dovrebbero arrivare impulsi per l’Europa e il mondo. Meglio unire le forze, in questi tempi così difficili dell’era della post globalizzazione che avrà il sigillo del magnate americano Trump, che sbranarsi a vicenda in Europa.
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