Fisco, come fare
la rivoluzione

L’unico tormentone certo di ogni estate italiana è quello delle tasse o, più precisamente, della riduzione delle tasse. E, il tormentone nel tormentone è l’eliminazione della tassa sulla prima casa. Anche per quest’anno Renzi non ha deluso le aspettative. Domenica scorsa, dinanzi al suo partito, ha lanciato quella che non ha esitato a definire una rivoluzione copernicana del sistema tributario.

Ora, tralasciando ogni riferimento al sistema solare – che è fuori dalla mia portata conoscitiva (e, credo, anche di quella di Renzi) – cercherò di valutare la cornice della manovra e i suoi effetti. Renzi ha proposto un taglio per un valore pari a 50 miliardi di euro, distribuito su tre anni. Il primo, 2016, riguarda l’integrale eliminazione dell’imposizione sulla prima casa, per un valore indicativo di 4 miliardi di euro. Il 2017 coinvolgerà l’Irap e l’imposta sul reddito delle società e, infine, il 2018, l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Il primo intervento è sufficientemente definito e preciso; quelli successivi sono ampiamente generici e, dunque, il giudizio non potrà che essere piuttosto approssimativo. Vi sono tre differenti criteri per la valutazione di questo annuncio: obiettivi, efficacia delle misure e loro sostenibilità in termini di finanza pubblica.

Quanto al primo, non è immediatamente comprensibile la logica della sequenza temporale degli interventi. L’eliminazione dell’imposizione sulla prima casa riguarda gli individui e incide su un bene decisamente sensibile per il nostro Paese. Non è da trascurare l’effetto secondario che tale eliminazione potrà produrre sul mercato immobiliare, settore segnato da una profonda crisi, della quale è difficile prevederne la fine. La seconda misura si riferisce direttamente alle imprese, mentre la terza (nel 2017) di nuovo agli individui. Pur in maniera non perfettamente coerente – leggasi: influenzato da esigenze di natura politica, il rilancio dell’azione del governo – mi pare di cogliere una particolare attenzione nei confronti dell’impresa e, dunque (da valutare positivamente), un tentativo comunque troppo ritardato di rilancio della manifattura del nostro Paese.

Passiamo al secondo criterio, quello dell’efficacia delle misure proposte. Come ho più volte ripetuto, l’esenzione della prima casa promuove un bisogno primario della persona, quello dell’abitazione, ma mette in ginocchio la finanza comunale. Così come proposta, l’eliminazione della tassazione è una misura piuttosto grossolana e, dunque, da valutare in termini negativi. Non si tratta certo, come è stato detto, di una misura immorale. Diversamente, ritengo che potrebbe essere strutturata in maniera decisamente più equa rispetto all’esigenza di promuovere il bene primario abitazione principale. Per esempio, tenendo conto del numero di beni immobili riferibili al medesimo soggetto ed escludendo la tassazione dell’abitazione principale solo nel caso di possesso di uno (o al massimo due) beni immobili. Introducendo, insomma, una sorta di progressività nella tassazione patrimoniale dei beni immobili. Del resto, qualcosa di simile esiste già per le abitazioni di lusso.

Per quanto riguarda la fiscalità d’impresa, credo che i tempi siano maturi per la definitiva cancellazione dell’Irap. L’eliminazione della componente legata al lavoro dipendente ha snaturato l’imposta, che oggi appare un oggetto indefinito che tassa la sola componente di capitale. Mi pare ragionevole anche la riduzione dell’aliquota Ires, per adeguarla alla mutata competizione internazionale. Più difficile immaginare un intervento sull’Irpef. Piuttosto che ritoccare le aliquote, la vera rivoluzione copernicana, in questo ambito, potrebbe essere la deduzione dei costi relativi alla produzione del reddito per i lavoratori dipendenti. Il passaggio dalle deduzioni forfetarie a quelle effettivamente sostenute costituirebbe un passo verso la «giusta» imposizione.

Ogni buona intenzione si scontra con la realtà delle cose. E la rivoluzione copernicana costa molto. Oltre all’ulteriore razionalizzazione della spesa pubblica, Renzi conta di coprire i tagli alle imposte attraverso la crescita economica che s’intravede all’orizzonte. Credo che sia un po’ poco per la Commissione europea, soprattutto perché la quantificazione della ripresa appare piuttosto complessa e incerta.

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