
L'Editoriale / Bergamo Città
Venerdì 24 Luglio 2015
Ferrari: rampante sì
Ma il Cavallino resti italiano
Indimenticato campione ferrarista ma oggi presidente onorario della Mercedes, uomo vincente e dalla battuta perfida, qualche settimana fa Niki Lauda ne ha sparata una delle sue: «Se la Ferrari fa solo spaghetti, che colpa ne ha la Mercedes?».
Si riferiva al settore corse, ovviamente, ma l’orgoglio nazionale si è sentito ferito in uno dei suoi simboli più unitari e invidiati. Perché è vero che, nel febbraio scorso, la società di consulenza specializzata nella valutazione dei marchi Brand Finance ha «declassato» la Ferrari dal podio di marchio aziendale più potente del mondo (il Cavallino è stato scavalcato dalla Lego), ma per noi pronunciare il nome Ferrari significa comunque e sempre dire tre cose importanti: Italia, eccellenza, forza economica. Da ieri, però non più necessariamente nello stesso ordine.
Ieri infatti la Fiat Chrysler Automobiles (Fca) ha annunciato che la sua controllata New Business Netherlands (in futuro si chiamerà Ferrari NV) ha depositato presso la Sec - ovvero la Consob di Wall Street - la documentazione per l’offerta pubblica iniziale del 10 per cento delle azioni ordinarie di Ferrari sul listino New York Stock Exchange. In parole povere, il gruppo guidato da Sergio Marchionne si appresta a vendere almeno una parte delle sue azioni sul mercato finanziario americano. In parole ancora più povere, la Ferrari diventa sul mercato internazionale una società olandese quotata a New York, anche se - assicurano - la sede fiscale di Ferrari Spa resterà in Italia (dunque «pagherà le tasse sui propri redditi come fanno oggi tutte le società fiscalmente residenti in Italia»).
La notizia della quotazione americana della Rossa non è in realtà un fulmine a ciel sereno. Già un anno fa Marchionne aveva annunciato lo sbarco a Wall Street «tra il secondo e il terzo trimestre 2015» e, come spesso capita al manager col pullover, è stato di parola. Bisogna dire che l’ingegnere italo-canadese - nonostante gli indubbi risultati raggiunti in questi anni - gode di migliore stampa all’estero che non in Italia. Dalla Confindustria è uscito sbattendo la porta (non lo hanno sostenuto nella richiesta di rivedere i contratti di lavoro), i sindacati hanno sempre sospettato che tutti i suoi «magheggi» finanziari fossero funzionali solo a portare via l’industria automobilistica dall’Italia, verso nuovi e più comodi paradisi fiscali e contrattuali.
Per il momento i fatti stanno smentendo i catastrofisti: Fiat è tornata a produrre nuovi modelli, un po’ di assunzioni sono state fatte, è iniziato anche il rilancio di un altro grande marchio sportivo italiano: quello di Alfa Romeo. Ma la Ferrari… Portare all’estero la Ferrari ha anche un significato simbolico che mette i brividi. Il timore che un giorno l’emblema più globale del successo italiano nel mondo possa essere un’azienda completamente straniera, come è capitato ad altri marchi ed aziende, in astratto esiste.
La contro-garanzia, dicono gli esperti del settore auto, è che l’eccellenza progettuale e costruttiva italiana, il «modello Maranello» insomma, è così forte e radicato nel suo territorio che nessun azionista di Wall Street si sognerebbe mai di spostarlo a Detroit. Fiat-Chrysler ha dichiarato che l’operazione «non comporterà lo spostamento di personale da Ferrari, né ridurrà i livelli di occupazione o le attività attualmente condotte da Ferrari in Italia».
Si tratta insomma soltanto di una «normale» operazione finanziaria resa inevitabile dalle attuali condizioni dei mercati globalizzati. L’anno scorso la Ferrari ha registrando ricavi per 2,762 miliardi di euro e un utile netto di 265 milioni. La stima dell’intera azienda si aggira sui 10 miliardi. C’è da sperare che il Cavallino Rampante corra nel mondo, ma resti italiano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Rossano Bosisio
9 anni, 10 mesi
Basta la Lancia che vince 6 mondiali rally di fila e la famigerata Audi Quattro che raccoglie forse un titolo piloti ? Alfa che entra nel DTM tedesco e vince subito il campionato? Basta la Uno Turbo ie con iniezione elettronica e ABS contro Renault 5 turbo che viaggia ancora a carburatore , aste e bilancieri? Basta la Golf GTI o G60 che non vedono neppure col binocolo la Lancia Delta Integrale e le tedesche che non riescono a tenere il passo della Lancia Thema Turbo? Certo le macchine di allora viste adesso paiono ridicole ma la concorrenza ....... Mi sembra comunque che il record di richiami di automobili negli Stati Uniti spetti ancora all'infallibile Toyota. E che malgrado tutte le Mercedes Classe A all'esordio capottassero e la Mercedes ci mise due pezze sopra se ne siano vendute parecchie anche qui .....
GIANCARLO SALVONI
9 anni, 10 mesi
Rossano Bosisio. Non so di quale enorme vantaggio parla che l'industria italiana poteva annoverare. Ha mai avuto un auto italiana negli anni 80 o 90? Io mi ricordo bene i difetti che avevano. È saltato anche il motore ad un auto diesel. Forse è per questo che in quegli anni è iniziata una campagna contro l'acquisto "forzato" di auto italiane. E forse per lo stesso motivo la garanzia è stata portata a 3 anni. Le auto di oggi non sono quelle di 30 anni fa. Molti costruttori negli anni 90 non sono riusciti a stare al passo dei migliori e hanno pagato in auto vendute e quote di mercato. Ma ancor oggi assistiamo al richiamo di milioni di auto per difetti di costruzione. Ultimo quello di 1,4 milioni di Jeep sul mercato americano.
Rossano Bosisio
9 anni, 10 mesi
Gli stessi che accusano Marchionne di voler spostare tutto fuori dall'Italia al posto suo lo avrebbero già fatto da parecchi anni, conti alla mano. Visto che oramai tutti ragionano col portafoglio, la matematica non è un opinione e in Corea (p.esempio) si lavora bene e a basso costo. L'industria automobilistica italiana è stata sterminata da degli emeriti imbecilli che negli anni 90 hanno sperperato l'enorme vantaggio tecnologico che l'industria italiana vantava nei confronti di tutti gli altri costruttori mondiali. Ora risalire la china da soli non si riesce, il mercato italiano è troppo piccolo e insignificante, le battaglie si combattono nei paesi con i grandi numeri.
GIANCARLO SALVONI
9 anni, 10 mesi
I 2,7 miliardi di euro della Ferrari sono quasi un nulla rispetto ai quasi 100 del gruppo Fiat Chrysler. Questo gli americani lo sanno bene.