Famiglia, una risorsa
ma mai una priorità

La famiglia, alla 3ª Conferenza nazionale chiusa ieri a Roma, ha riscosso un mucchio di complimenti, ma il governo l’ha lasciata al palo. Costringendo Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, a commentare sarcasticamente la stranezza di una situazione dove «tutti ritengono la famiglia una risorsa insostituibile per il Paese, tutti sono convinti che il problema del crollo della natalità non è più procrastinabile, tutti sono convinti che vada trovata una riforma fiscale che metta al centro le famiglie» ma dove «c’è sempre qualcosa che viene prima della famiglia, per esempio le banche e i bonus».

I dati della conferenza hanno confermato che siamo il Paese con più migranti giovani in Europa e che quelli che restano vivono con i genitori fino a 35-40 anni. E, alla faccia dei nostalgici, che fanno figli le donne che lavorano, perché l’indipendenza economica le rende più serene verso il futuro.

Un dettaglio statistico curioso, spia del disorientamento generale e generazionale è il numero consistente dei matrimoni contratti in età matura, al secondo partner, dopo la giovinezza trascorsa col primo in convivenza.

La 3ª Conferenza, arrivata a sette anni dalla seconda, è uscita dal recinto del «solo cattolici, please». Gli organizzatori si sono smarcati dalle ideologie e hanno puntato sul concreto: fisco equo, lavoro, politiche per la famiglia normale perché regga e produca, senza aspettare che si sfasci per doverla poi assistere. Investire sui sani, invece di rincorrere le emergenze sociali quando tutto è perduto. Niente di fantascientifico, Francia e Germania lo fanno da mezzo secolo. In Italia invece da mezzo secolo, per l’opposta e giuliva ottusità di familisti e antifamilisti (per gli uni l’istituto familiare brilla di luce soprannaturale e vive di eroismo infuso, per gli altri è oppressivo e oppiaceo cascame sociologico) la famiglia normale è stata così maltrattata che è in via d’estinzione. Siamo al punto che persino i sindacati invocano politiche strutturali per liberare il potenziale economico e sociale della famiglia.

Nei limiti di una conferenza, l’appuntamento di Roma poteva essere l’appiglio per lanciare un messaggio di cambiamento chiaro al Paese. Invece no. La solita mistificante confusione di piani tra famiglia, welfare, povertà, disabilità con gli stessi soldi che girano peggio dei proverbiali carrarmati, mentre quelli per una politica strutturale sono dispersi sul campo dal 2008, impallinati dall’alibi migliore, la Crisi.

E, fra analisi obiettivamente intelligenti della situazione, troppi si sono premurati di ripetere che, a fine legislatura, si sa che non si può far molto. Cioè i giochi sono fatti. Magari, proprio per sfinimento, un contentino fiscale in direzione del fattore famiglia ai quattro gatti delle famiglie numerose. Ma basta, eh?

A fine legislatura si potrebbe pensare che non sia il modo migliore di dar fiducia a possibili futuri elettori. In realtà non c’è rischio politico, perché nessun governo di nessun colore ha mai preso sul serio le famiglie: le famiglie stesse sono sempre state troppo occupate a sopravvivere (o a dividersi in buone e cattive) per riconoscersi come soggetto sociale forte trasversale in grado di portare avanti i propri interessi. E poi, la loro Conferenza l’hanno avuta, no?

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