Esodati, il Paese
chiede la verità

Nella vicenda degli esodati i primi ad esserlo di fatto sono i numeri: viaggiano dal Governo al Parlamento, dai sindacati ai partiti, dall’Inps all’Istat da almeno quattro anni. Un esodo continuo con un’unica costante: l’approssimazione. Il governo Monti ne calcolò 60 mila dopo essersi accorto (ops!) di aver fatto la frittata (e meno male che si trattava di tecnici), i sindacati ne scovarono 350 mila, i Tg e i giornali traboccano da sempre di cifre approssimative manco si trattasse delle stelle della Galassia Lattea.

Dal 2011 ad oggi, dopo ben sei provvedimenti di tutela tesi a riassorbire «i non

salvaguardati», quanti ne sono rimasti? L’incertezza rimane: la bandiera dei sindacati è 50 mila, tutti gli abitanti di Siena o di Pordenone messi insieme. Col tempo la cifra è scesa a 26 mila. In nome dei 26 mila esodati abbiamo visto La Lega, Fratelli d’Italia e Cgil, Cisl e Uil manifestare uniti di fronte al ministero dell’Economia, abbiamo letto di infuocate interrogazioni parlamentari del Movimento Cinque Stelle, abbiamo assistito a proteste ed esternazioni indignate della sinistra e della destra sui «ladri di pensioni».

La cifra continua ad andare su e giù dall’ottovolante. Manco fosse la borsa cinese. Ultimamente il dato si sarebbe sgonfiato come un soufflé venuto male, almeno stando a un censimento on line della commissione Lavoro del Senato, che ha proposto alla Rete degli esodati un’indagine conoscitiva sulla condizione di chi avrebbe dovuto andare in pensione e non lo ha potuto fare per l’innalzamento delle condizioni di età della Legge Fornero. Al censimento hanno risposto in 1.645, di cui il 41 per cento tra i 55 e i 59 anni e il 57 per cento tra i 60 e i 64 anni. Ma non tutti potevano rientrare nella categoria degli esodati «doc»: solo 1.177, poco più dei Mille di Garibaldi (che in fondo erano patrioti esodati pure loro), rispondevano ai requisiti.

Il problema è che in quattro anni, quella dell’esodato è diventata una sorta di categoria dello spirito, che abbraccia tutti coloro che hanno perso il lavoro dopo i cinquant’anni. I partiti lo hanno capito per primi, e in fondo fanno il loro lavoro per intercettarne i bisogni e proporre loro una rappresentanza politica. In realtà sono esodati solo coloro che hanno concordato un’uscita con l’azienda o lo Stato in cambio di un bonus (e tra i bonus uno su sei del campione dei 1.177 ha concordato l’assunzione del figlio) ma che per la riforma Fornero si sono visti la pensione allontanarsi di anni.

Fatto sta che mentre qualcuno insinua che la leggenda dell’alto numero di esodati serve solo a scardinare la Riforma Fornero, la Rete degli esodati smentisce di essere stata contattata e ricorda che fu l’Inps a parlare di 50 mila persone rimaste nel limbo tra il lavoro e la pensione. C’è persino chi è andato fino a Lourdes, come ha fato una signora di sessant’anni, che ha poi informato il presidente del Consiglio Matteo Renzi sulla sua situazione. Renzi ha risposto alla signora che «nessuno verrà lasciato indietro», ma per il momento nessun miracolo, anzi, il Tesoro si è ripreso il Fondo di salvaguardia a favore degli esodati scatenando le ire dei sindacati, dei partiti dell’opposizione e del presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano. Come andrà a finire? Nessuno lo sa, anche se si respira ottimismo. Il ministro dell’Economia Padoan, lo stesso che ha dirottato i fondi per gli esodati, annuncia una soluzione, i sindacati scendono in piazza e la Camera annuncia un’audizione, l’ennesima, per trovare una «soluzione strutturale». Nel mistero resta un mistero: com’è possibile che nell’ottava potenza economica dell’Occidente, la terza d’Europa, nessuno ponga fine a un simile balletto di numeri?

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