Droga, se fa notizia
soltanto lo spaccio

Quanto è facile comprare droga anche nel centro di Bergamo. Lo documenta un racconto che pubblichiamo mercoledì 14 ottobre nella cronaca cittadina. Conosciamo già l’obiezione di quelli sempre ben informati: avete scoperto l’acqua calda. Del resto il nostro giornale da anni e ciclicamente evidenzia con articoli e fotografie il famigerato fenomeno dello spaccio.

E quasi quotidianamente diamo notizia di arresti di persone che sono soltanto l’ultimo anello di questo redditizio mercato di morte internazionale. La presenza in strada dei venditori di dosi è segnalata anche dalle lettere che arrivano in redazione, invocando interventi contro l’attività illegale e il degrado.

Tutte richieste sacrosante, ma tornando oggi a denunciare la facilità di acquistare sostanze stupefacenti pure in pieno giorno, tra il viavai del traffico e dei passanti e in prossimità di un oratorio frequentato ogni pomeriggio da decine di bambini e ragazzi, vorremmo rimarcare un punto di vista del fenomeno diverso, l’altra faccia secondo noi ormai dimenticata nel dibattito pubblico. Come ogni mercato, anche quello della droga funziona perché all’offerta corrisponde una domanda. E l’offerta è così diffusa, con prezzi in calo - una pallina di cocaina acquistabile a soli 50 euro: non è più solo la polvere bianca dei ricchi - perché ampia è la domanda. Ma mentre si invocano interventi sul primo fronte, sul secondo è calato il silenzio. Come se il degrado umano di un consumo così diffuso non fosse altrettanto allarmante del degrado urbano.

Per rompere l’oblio bisognerebbe affezionarsi alle biografie delle vittime della droga e allo sconquasso che portano nelle loro famiglie. Il 20 agosto 2012 pubblicammo la lettera di Mariarosa, rivolta al figlio tossicodipendente nel giorno del suo 29° compleanno. «Dopo tanti anni che lotto per salvarti - scriveva la mamma - non mi sono ancora arresa nonostante tanti mi abbiano criticata e a volte anche ostacolata, io ancora aspetto che un giorno tu arriverai a chiedermi l’aiuto che sai voglio darti, renderti libero. Libero di vivere la tua vita per quello che sei e non per quello che la droga ti fa essere. Ragazzi, se continuate su questa strada pensando di smettere quando vorrete, non sarete mai liberi e intanto qualcuno se la spassa alla vostra faccia, perché voi arricchite i nababbi fornitori della vostra morte! Come mamma disperata posso solo augurare loro di patire le pene che subiamo noi, genitori di figli dipendenti dalla cocaina e da qualunque altra sostanza, anche quelle che qualcuno vuol fare passare per droghe leggere, ma che di leggero vi assicuro non hanno niente. (...) La vita è breve, si vive una volta sola e a volte neppure bene, ma ragazzi se ai comandi restate voi allora può diventarvi amica, bella, gratificante. Non lasciate che la droga si sostituisca a voi, la droga è solo un’illusione, vi fa credere di farvi stare meglio ma poi vi lascia soli, vi abbandona quando state male. Il mio obiettivo primario è sempre che tu finalmente mi chieda di aiutarti ad uscire dal tunnel in cui sei entrato. Ti voglio bene».

Questo grido di dolore e di amore cadde nel vuoto, se non per la risposta commossa di un lettore, con l’auspicio «che le istituzioni, le associazioni, gli organismi pubblici reagiscano alle voci delle mamme per aiutarle a difendere i loro figli. L’amore delle mamme è forte, non si esaurisce mai, così pure la pazienza di aspettare e di riabbracciare i loro figli. Diamo tutti un aiuto».

Ma il tema del consumo di stupefacenti non è più all’ordine del giorno dell’opinione e del dibattito pubblici, aggiornato da altre emergenze. Se non riguardo alle proposte di legge per la liberalizzazione delle cosiddette droghe leggere (aggettivo improprio anche secondo il professor Silvio Garattini, farmacologo di chiara fama, nel ricordare i danni che l’uso prolungato delle sostanze in giovane età produce al cervello). I fautori di queste iniziative sostengono che liberalizzando si sottrarrebbe il mercato alla criminalità. Ma lo Stato diventerebbe dispensatore di stupefacenti, con i relativi introiti. Dal punto di vista etico nessuna obiezione? Non basta il precedente del gioco d’azzardo, con lo Stato che incassa quasi 10 miliardi di euro di tasse all’anno sulla pelle dei ludopatici?

Provvedimenti di questo genere poi sul piano culturale ed educativo sanno di resa e possono produrre effetti negativi non calcolabili a priori. Comunque la si pensi, intanto varrebbe almeno la pena guardare negli occhi il dolore delle vittime della tossicodipendenza, un dramma dimenticato.

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