L'Editoriale / Bergamo Città
Sabato 16 Giugno 2018
Di Maio, solo grane
Oscurato da Salvini
Ciò che sta accadendo dentro e fuori il governo giallo-verde acuisce le fragilità di fondo dell’esecutivo, dell’alleanza tra leghisti e grillini, del premier «esecutore» guardato a vista da diarchi che si contendono il controllo del timone. Ma chi soprattutto è in difficoltà in questo momento, a dir la verità, è Luigi Di Maio: ha perso le elezioni amministrative, la super esposizione di Salvini gli fa ombra, i suoi cavalli di battaglia come il reddito di cittadinanza, chissà quando potranno correre. Senza contare che si avvicinano le «grane» (Ilva, Alitalia, Tav) delle sue tante deleghe di governo.
Soprattutto però lo colpisce ciò che sta accadendo intorno alla giunta grillina della Capitale, per l’ennesima volta al centro di un tifone giudiziario. Dopo l’arresto di Raffaele Marra, braccio destro della sindaca, dopo i vari scandali sui collaboratori del Campidoglio, nel pieno di dimissioni di assessori e dirigenti, e in attesa che le inchieste in corso chiamino in causa direttamente Virginia Raggi, adesso è «la bomba Lanzalone» a scoppiare sotto la traballante poltrona della prima cittadina di Roma (clamorosamente sconfitta la scorsa settimana nell’elezione di due municipi).
L’avvocato factotum dei grillini, da loro nominato presidente dell’Acea ( la società comunale che gestisce le forniture idriche ed elettriche) presentato alla Raggi dai suoi controllori Fraccaro e Bonafede, oggi ministri, è agli arresti per la vicenda dello stadio della Roma. Lanzalone è un uomo dello strettissimo giro di potere di Di Maio anche se contemporaneamente aveva rapporti con il numero due della Lega Giorgetti con il quale pranzava per parlare appunto del mega affare dello stadio insieme al costruttore Parnasi, anche lui ora agli arresti.
Insomma, la solita Roma degli affari che coinvolge chi a Roma comanda, cioè i Cinque Stelle, cioè Raggi, cioè Di Maio. Un bel botto, diciamolo, anche adesso che nessuno sa dove porteranno in concreto le indagini che hanno coinvolto anche il gran capo del Coni Malagò. Dal punto di vista politico, un colpo che centra Di Maio in un momento di debolezza: la sconfitta elettorale ha scosso la fronda della corrente del presidente della Camera Roberto Fico sempre più critica per i termini dell’alleanza con la Lega; le nomine di sottosegretari e viceministri hanno creato eserciti di scontenti tra gli esclusi; e poi ci sono troppe cose da fare al governo per una persona senza esperienza che è vicepresidente del Consiglio, ministro dello Sviluppo Economico, ministro del Lavoro, capo politico del partito di maggioranza. E cos’altro?
Non stupisce dunque che in questo traballamento di Di Maio, Salvini e il suo straripante attivismo sull’immigrazione diano l’impressione che sia lui a guidare il governo nonostante il 17 per cento di voti, la metà di quelli raccolti dal M5S. Tanto forte è la presenza di Salvini che ieri, proprio mentre Macron e Conte salvavano in corner i buoni rapporti bilaterali dopo gli insulti dei francesi agli italiani («vomitevoli», «cinici») per la questione della nave Aquarius e la chiusura dei nostri porti, il ministro dell’Interno in un comizio non si faceva alcun problema di ripetere che lui dalla Francia non accetta lezioni; che i cugini d’Oltralpe respingono senza tanti complimenti donne incinte e minorenni; e che ha tutta l’intenzione di collegarsi piuttosto con austriaci e tedeschi.
In tutto ciò il «pragmatico» Conte prova volenterosamente a conquistarsi uno spazio – e persino Macron lo esorta a farlo – ma deve confrontarsi con questa difficilissima situazione: il capo del partito che lo ha indicato, Di Maio, è in fase calante; il leader del partito alleato ma di minoranza si muove come il vero padrone del governo. E adesso arrivano le inchieste che certo non lasciano del tutto estranea la Lega ma sembrano avere come obiettivo soprattutto il Movimento Cinque Stelle romano. Ancora Roma, insomma. Forse aveva ragione Paola Taverna, la verace pasionaria grillina della periferia della Capitale quando diceva: «Ci fanno vincere per affossarci: è un complotto». Dietrologico forse, ma suggestivo.
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