Così i cristiani
non passano di moda

«Io so pensare. So aspettare. So digiunare». «Il digiunare a che serve?». «È un’ ottima cosa, signore. Quando un uomo non ha niente da mangiare, digiunare è la più bella cosa che possa fare. Se, per esempio, Siddharta non avesse imparato a digiunare, oggi stesso dovrebbe assumere qualche impiego perché la fame ve lo costringerebbe. Ma invece Siddharta può aspettare tranquillo, non conosce impazienza può lasciarsi a lungo assediare dalla fame e ridersene. A questo, signore, serve il digiuno».

alla terza persona, il protagonista del romanzo celebre di Hermann Hesse. Parla al commerciante Kamaswami. Il romanzo di Siddharta ha conosciuto periodi di grande successo. In tempi di benessere, appariva come la voce della protesta contro consumi e consumismo, per il troppo che c’ era. Oggi, in tempi di crisi, potrebbe apparire come una voce di saggezza che aiuta a capire come convivere con la penuria, come una risposta al troppo che non c’ è più. Da oggi con l’ arrivo della Quaresima, i credenti parleranno di digiuno, appunto. Forse sarà più un parlare che un fare. Perché anche tra i credenti il digiuno è passato di moda. A ben pensarci, è strano, se si confronta la totale irrilevanza del digiuno, oggi, con la straordinaria rilevanza che aveva in passato. Le Quaresime di altri tempi erano periodi di cibi misurati con il bilancino e digiuni spesso imposti a gente che, anche fuori della Quaresima, mangiava poco. Ma perché è passato di moda? Perché i cristiani non sono di moda o perché sono poco cristiani? Bel problema che, è evidente, non riguarda solo il digiuno. Mancano, ai cristiani di oggi, dei riti che li facciano sentire cristiani, a se stessi, prima, e agli «altri», poi. Ci sono, certo, i riti che avvengono in chiesa: la Messa e il resto.

Ma il problema è come farsi sentire e farsi vedere fuori di chiesa. Anzi, ancora più a monte, i cristiani si chiedono non solo «come», ma «se» farsi vedere e sentire. Fa parte, infatti, della più pura tradizione cristiana il sospetto verso tutto ciò che è esteriore, il gesto e l’ esibizione. «Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente (). E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti». È il Vangelo che si legge il primo giorno di Quaresima. «Ipocriti» significa, alla lettera, «attori»: coloro che mettono in scena ciò che non sono. Può avvenire, però, che il credente non esibisca nulla, ma solo perché non ha nulla da esibire. Non manca solo il gesto, manca anche ciò che lo ispira. E allora potrebbe succedere, appunto, che i cristiani siano passati di moda semplicemente perché non sono più cristiani. Il vuoto di ciò che si vede non è automaticamente il pieno di ciò che non si vede.

Ora, invece, il digiuno è un rito che avviene fuori di chiesa, qualcosa che ha a che fare con la vita di tutti i giorni. Come per Siddharta, può essere un allenamento alla libertà. Come per tanti appassionati dei poveri, è la decisione libera di non mangiare per essere solidale con chi è condannato a non mangiare. Ma la libertà, la solidarietà con i poveri - due dei tanti temi che si possono legare al digiuno - non sono un lusso per il cristiano, ma sono le dirette conseguenze della sua fede. Sono libero perfino dal cibo perché mi sono affidato solo a Dio. Sono povero con i poveri perché «di essi è il regno dei cieli». Non è un caso, infatti, che il digiuno venga praticato oggi con la severità di un tempo soprattutto da quei cristiani tutti d’ un pezzo che sono i monaci. Nei monasteri si fa proprio digiuno e la Quaresima è proprio Quaresima. Insomma se si è cristiani davvero, se il Vangelo è davvero una bella notizia, si sente, si deve sentire la necessità di dirlo, di farlo vedere a tutti. Allora anche il digiuno diventa bello come il Vangelo che lo ispira. E solo così, con questa pienezza nel cuore e nei gesti, i cristiani non passano di moda.

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