Compattare la Destra
Berlusconi annaspa

Recentemente Berlusconi ha parlato di Salvini come del centravanti del centrodestra e di sé come del suo regista. Un tentativo platealmente maldestro per rassicurare se stesso e i suoi sulla tenuta della sua leadership.

Il segretario della Lega - sembra dire l’ex Cavaliere - può fare le scorribande che vuole e segnare tutte le reti che gli riesce, ma alla fine l’assetto in campo lo decido solo e soltanto io. Piccolo particolare: non c’è più una squadra e i giocatori fanno tutti di testa loro. Quella che fu l’armata vincente sulla «gioiosa macchina da guerra» di Occhetto è ora un esercito in rotta.

Siamo coscienti che è bene essere prudenti prima di celebrare le esequie politiche della destra, e in specifico del suo padre/padrone. Le si sono fatte più di una volta e puntualmente ogni volta Berlusconi con la sua creatura è risorto come una Fenice dalle sue ceneri. È vero anche che ogni rinascita è costata la perdita di sempre nuovi pezzi della coalizione: prima l’Udc, poi Futuro e Libertà, infine Fratelli d’Italia e Ncd, per non dire dell’emorragia di abbandoni, consumatisi alla spicciolata, di militanti e simpatizzanti.

Evidentemente il quasi ottantenne (ma soggettivamente evergreen) Signore di Arcore pensa che il futuro possa continuare ad arridergli riconsegnandogli, se non più le chiavi di Palazzo Chigi, almeno il timone del centrodestra. Non tiene conto che, oltre ai numeri impietosi che vedono la sua formazione tenere a fatica la soglia di un misero 10%, oltre lo scavalco subìto per la prima volta nella sua ventennale storia da parte del Carroccio, oltre all’ammutinamento della sua squadra di comando; oltre a tutto questo - e scusate se è poco - non tiene conto del cambio di passo consumatosi prima in Europa ed ora anche in Italia nell’universo politico della destra.

Al tempo della sua famosa discesa in campo, era ragionevole ipotizzare la possibilità di una saldatura dei vari tronconi di destra attorno a un progetto di un «partito liberale di massa». Si sentivano ancora in tutto l’Occidente gli effetti della rivoluzione reaganian-thatcheriana degli anni Ottanta. Non più oggi. La destra del rigore finanziario, delle liberalizzazioni e dell’economia sociale di mercato nella variante Cameron-Merkel-Rajoi deve fronteggiare l’offensiva di una nuova destra populista, xenofoba, euroscettica. Sono due mondi non propriamente omologabili, quindi coalizzabili solo a certe condizioni e a costo di contraddizioni potenzialmente laceranti. L’una è per definizione di governo, l’altra d’opposizione, se non apertamente di protesta.

La prima è schierata per lo più con il Ppe, la seconda anima un fronte in cui si ritrovano tutti i partiti contestatori del vigente ordine europeo: i francesi del Fn appunto, gli olandesi del Pvv, gli austriaci del Fpo, i belgi del Vlaams Belang, gli inglesi dell’Ukip. È a fianco di questi che si è accomodata la Lega: un allineamento che suona come una nuova appartenenza. Tutto ciò la dice lunga sulla frattura che s’è aperta nel centrodestra italiano. Le difficoltà, al momento insormontabili, incontrate da Berlusconi nel tentativo di saldare in un fronte comune le sparse membra del centrodestra per il prossimo appuntamento elettorale regionale sono solo il primo assaggio del rimescolamento che sta investendo la destra italiana.

© RIPRODUZIONE RISERVATA