L'Editoriale
Venerdì 30 Giugno 2017
Colossi della Rete,
l’Ue si difenda unita
Gli Stati hanno impiegato secoli per darsi confini certi ed ecco che un click li spiazza e fa di un mondo di popoli, paesi, di storie e vite diverse un contenitore di prodotti. Il commercio da sempre conosce dazi e regole da concordare con i partner mercantili ma i grandi della rete possono permettersi il lusso di ignorarli. È quanto imputato a Google con le vendite on line. L’accusa di abuso della posizione dominante viene dalla Commissione europea e si riferisce alla piattaforma di shopping.
Se si cerca un prodotto i risultati che appaiono in alto sono quelli offerti dalla casa di Mountain View. Per Bruxelles la concorrenza si trova svantaggiata. Un rimprovero che potrebbe costare al gigante dei motori di ricerca 2,4 miliardi di euro. È già pronto il ricorso alla Corte di giustizia europea ma una cosa appare subito chiara: internet ha creato soggetti economici in grado di aggirare i controlli dei singoli Stati nazionali. Quale governo avrebbe da solo avuto la forza politica e finanziaria per far causa a un’azienda del valore di 109,5 miliardi di dollari?
Google produce il maggiore fatturato al mondo, come risulta dalla Brand Finance Global 500. Per dare un termine di paragone Eni , la prima azienda italiana ha un valore di 11,2 miliardi. Aziende come Google, Amazon, Microsoft sono strategiche anche per la mole di dati di cui dispongono e i singoli governi hanno bisogno del loro apporto per stare al passo della modernizzazione informatica e tecnologica. Al governo italiano è riuscito di far pagare le imposte a questi giganti ormai onnipresenti nella vita quotidiana ma l’ha fatto concedendo sconti, che la singola impresa tradizionale e il semplice cittadino difficilmente avrebbero ottenuto. Questa è quantomeno l’impressione del comune mortale, che paga le tasse.
Siamo quindi in presenza di grandi complessi uniformati dalla rete, con sedi nominali, legali o fiscali, distribuite nei quattro angoli del mondo e disposte in modo tale da sottrarsi a controlli efficaci e duraturi. Il Leviatano, cioè il grande pericolo per la libertà dell’uomo, ha da tempo cessato di essere lo Stato, così come concepito da Thomas Hobbes, per essere incarnato da questo viluppo di informazioni controllate e incontrollate che di fatto assediano la vita privata di ognuno di noi. Tra telefonini, computer, dati di raccolta, carte di credito, videocamere, ogni singolo fruitore di servizi è rintracciabile nel suo percorso di vita. Se un attacco di hacker, pirati informatici, viola i sistemi degli Stati, come è accaduto in questi giorni in Ucraina ma anche in Italia, e nei giorni scorsi al sistema sanitario britannico, è ancora possibile tutelare il diritto alla propria riservatezza per non parlare della sicurezza di interi Stati? E cosa potrà far mai un Paese lacerato da una guerra strisciante come l’Ucraina se non chiedere aiuto? E chi potrà dare una mano, se non Paesi strutturati che dispongono di una forza in grado di agire a livello continentale. In un mondo interconnesso sono i numeri aggregati che fanno la differenza. Un conto sono i 60 milioni di consumatori italiani, un altro un mercato di 500 milioni di abitanti quale quello dell’Ue. Quando anni fa la Commissione europea vietò a General Electric di acquisire Honeywell , gli americani avrebbero potuto giocare su altri tavoli, quello americano in primis e poi il resto del mondo. Ma rinunciarono. Il mercato europeo era troppo importante.
Ne discende che stare assieme è fondamentale. Solo così si può sperare di essere ascoltati. La Cina è una potenza continentale, altrettanto gli Stati Uniti, la Russia abbraccia Asia e Europa, l’India il sub continente asiatico, l’Europa se non resta unita è perduta. Una globalizzazione che riporta ai confini nazionali è una globalizzazione perduta. Lo sta capendo anche chi come il ceto medio, il disoccupato, l’imprenditore fallito per i prezzi stracciati di una concorrenza inaspettata, guardano all’Europa con speranza. Lo dicono le elezioni francesi, l’hanno detto quelle olandesi, quelle austriache per il presidente della Repubblica, lo sta confermando il crollo in Germania dei nazional-populisti di Alternative für Deutschland. Gli unici che hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo del ritorno alla Stato nazione sono i britannici. Ma sembra che non siano felici.
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