Casse rurali
La riforma c’era

Sulle vere intenzioni del governo per il futuro delle Banche di credito cooperativo non tutto è ancora chiaro, ma quel che si sa suscita non pochi interrogativi, e di sicuro c’è un alt al percorso di autoriforma, guidato dalla Banca d’Italia, che era giunto praticamente a conclusione, dopo tre anni di intenso lavoro. Il timore è che sia un segnale di retromarcia rispetto all’azione di vigilanza su un sistema bancario «minore», entrato in grave crisi reputazionale negli ultimi anni. Ignorato dal cosiddetto «contratto», il tema era uscito a sorpresa non in sede di presentazione del governo, ma nella replica del presidente Conte, con allusione generica ad un periodo di moratoria. Ora c’è un fatto nuovo, dopo settimane di silenzio, peraltro impiegate da tutte e tre le centrali Bcc per una campagna di pubblicità a pagamento sui principali quotidiani nazionali, in cui si chiedeva di poter concludere il processo di riforma ormai definito.

Segno di impegno a superare con le proprie forze e la propria etica una fase difficile di credibilità. Per capire di più, parla il testo del secondo decreto approvato dal Consiglio dei ministri in due mesi, che – a differenza del primo che si ispirava addirittura alla dignità – si intitola più banalmente «milleproroghe», un provvedimento che di solito evita troppa visibilità, perché oggettivamente è un catalogo di non scelte. In questo caso, però, sembra proprio che la scelta ci sia, e cioè quella di stoppare in extremis la legge attesa da almeno due decenni, fortemente voluta da Banca d’Italia, di riforma sia delle Bcc che delle Popolari, anche se per queste ultime, salvo un paio di casi, il tempo è ormai scaduto (a meno che vi sia in serbo qualche colpo di coda). Il testo già introduce alcune modifiche significative, ma è inquietante soprattutto l’interpretazione che ne dà il prof. Conte. Uscendo dal cono d’ombra che lo contraddistingue, il presidente del Consiglio ha addirittura parlato di «riforma della riforma». L’iniziativa viene certamente da alcune Casse rurali del Nord, e dalla Lega, che già aveva parlato di moratoria di 6 mesi, esattamente quella ora decretata.

Ma tutto il sistema del Credito Cooperativo, Iccrea in testa, con le 6 Rurali bergamasche, è contrario, pur avendo a suo tempo accettato a fatica l’iniziativa di Padoan, però impegnandosi poi in un lavoro costruttivo, passato attraverso centinaia di assemblee con decine di migliaia di partecipanti. Per Banca d’Italia sarebbe sicuramente uno smacco, perché già il suo disegno iniziale (voleva un decreto) era molto più severo. Il punto è infatti quello del rapporto tra localismo, piccole dimensioni, necessità di garanzia per il risparmio. Principi ambivalenti: grandi valori, ma grandi rischi. Il provvedimento uscì nel pieno della crisi di legalità che aveva colpito il sistema bancario, non quello grande, salvo il caso Mps, oggi comunque a guida pubblica, ma quello piccolo e piccolissimo. Il caso Etruria, per esempio, uno psicodramma riguardante l’1% del sistema, ma di grandissimo peso politico ed elettorale, o quello delle Banche Venete, emblema di un localismo malato, clientelare, truffaldino. L’allarme di via Nazionale, responsabile della vigilanza residuale con la Bce, veniva da lì.

Il milleproroghe dà due indicazioni in controtendenza. Salirebbe al 60% il controllo delle Bcc sull’holding di coordinamento e disciplina del settore, disincentivando gli operatori esterni, e verrebbero allentati i severi vincoli voluti da Bankitalia sulla nomina dei Cda. Due punti-chiave di una stretta mirata a garantire i risparmiatori e soprattutto competenza e affidabilità degli amministratori.

I tanti istituti condotti con serietà e capacità hanno capito che le mele marce possono danneggiare tutti, ma perché allora tornare al passato? Qualcuno informi i 5Stelle, che sulla crisi bancaria hanno costruito molto del loro successo. Il cambiamento, in questo caso, c’era già.

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