Casse rurali, ultimo giro
aspettando la riforma

Vacanza con un malloppo ingombrante in valigia, per gli amministratori delle Casse Rurali, costretti a leggersi sotto l’ombrellone le 39 pagine di Bankitalia sulla riforma del settore, con scadenza a metà settembre per le osservazioni, prima che scatti l’attuazione delle severe norme che via Nazionale vuole applicare. Tutto risale all’inquietante relazione che il responsabile della Vigilanza, Carmelo Barbagallo, fece circolare un paio d’anni fa, ispirando quello che doveva essere un decreto del governo, poi stralciato dalla riforma delle Banche popolari, già abbastanza drastica di suo.

Da allora, il tema è rimasto nelle mani della politica, e buon per le Casse Rurali aver trovato un Santo protettore nel deputato bergamasco Giovanni Sanga, nominato relatore del successivo progetto di legge, premio riconosciuto dalla severa selezione che Roma fa dei parlamentari, lasciandone molti alla frustrante condizione di peones, e facendo crescere quelli che dimostrano competenza e capacità di lavoro.

Sanga ha fatto tutto il possibile per smussare gli angoli, attenuare le asprezze, valorizzare le istanze giuste, tenere complicati rapporti tra Palazzo Chigi, Abi, Icrea, Banca d’Italia, e consegnare infine un testo che ha accontentato un po’ tutti.

Ma è stata solo la fase uno. Ora viene il difficile, e le parti si sono invertite: la politica può cercare di influire, ma è Banca d’Italia che scriverà il testo definitivo incidendo su vizi e virtù, qualche pigrizia culturale e non pochi giochi di potere.

Sono il versante negativo dei tanti meriti storici che il sistema del credito cooperativo ha acquisito per generosità mutualistica e tutela della territorialità fin da quando, quasi 150 anni fa, ha innestato sul modello liberale tedesco la sensibilità del cattolicesimo sociale e del socialismo moderno.

Bankitalia intende giocare su questo terreno un ruolo da protagonista, esercitando competenze residuali ma piene, avendo perso verso Francoforte quelle di vigilanza sulle grandi banche. Accusato di omissioni e debolezze nella bufera bancaria di questi anni, l’istituto centrale ha sempre fatto capire di voler dimostrare severità là dove ha mantenuto un ruolo, riportando ordine e austerità tra le troppo numerose Banche più piccole.

Lo strumento c’è ed è quella nuova holding che, presa in blocco, é la terza banca italiana, e che gli uomini di Visco vogliono trasformare nella cabina di regia di circa 350 terminali sparsi sul territorio (nel 1947 erano oltre 800!) la cui autonomia sarà assoggettata a direttive centrali cogenti. Le singole Casse Rurali é questo che temono più di ogni altra cosa: gli obblighi derivanti dal «contratto di coesione», che é il perno decisivo della riforma, quello che, nella sua estrema forma applicativa, toglie alle assemblee dei soci anche l’illusione «democratica» di poter scegliere gli amministratori (in realtà anche prima frutto di accordi di vertice e cooptazioni).

La riforma prevede infatti che vi sia un rapporto diretto tra buona gestione e libertà di scelta dei consigli di amministrazione. Se non si rispettano i severi parametri dettati dall’alto, vengono nominati, sempre dall’alto, anche i consiglieri. E i parametri investono praticamente l’intero orizzonte dell’impresa bancaria cooperativa: direzione strategica e operativa, impostazione della governance, aderenza alle regole europee, rispetto degli standard di supervisione della vigilanza di Bankitalia, dimensione del capitale e diffusione degli sportelli.

Una indicazione contenuta nel documento ora in consultazione dovrebbe in particolare investire le Casse Rurali operanti nella bergamasca, e cioè la preferenza espressa per un modello territoriale di ambito provinciale. Bankitalia ha in testa l’idea di ridurre drasticamente il numero totale delle Bcc sparse sul territorio. Il documento indica un massimo di 5% di attività extra provinciali. Per Bergamo si é parlato spesso di fusione in un’unica Cassa (anche per presidiare gli spazi lasciati dalle dimensioni nazionali delle nostre ex banche locali), ma c’é chi ha dovuto guardare fuori provincia per le alleanze, causa scarso feeling e gelosia egemonica tra Casse confinanti. Forse sarebbe il caso, stavolta, di pensarci seriamente.

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