L'Editoriale
Martedì 31 Maggio 2016
Banche, materassi
e italiani gabbati
Non bisogna pensare che la vicenda Etruria sia lontana e in fondo non riguardi chi non ha una filiale della Banca di Arezzo sotto casa. Ubi, ad esempio, ha perso 10 milioni di obbligazioni (più 5 nelle Marche) e soprattutto ha partecipato ai fondi di salvataggio, così come un po’ tutte le nostre piccole Casse Rurali. Già ci piacciono poco le giustificazioni burocratiche della Consob che dice che i moduli firmati erano in regola, ma anche le ipotesi di truffa dei magistrati inquirenti, per le conseguenze che ne sono immediatamente derivate.
Se tutte le vittime delle truffe dovessero essere automaticamente rimborsate per legge, avremmo davvero una Repubblica fondata sul rimborso. In uno Stato di diritto, si può sperare nel risarcimento solo se è dimostrato, con regolare processo – purtroppo di durata pluriennale - che si è trattato di colpa o di dolo. E anche l’inchiesta è per ora solo della Procura. In tempi brevissimi, sta invece diventando legge una norma che, a prescindere, restituisce soldi a investitori a cui è stata raccontata una bella favola su obbligazioni subordinate di cui ben poco sapevano, ma che certamente non hanno firmato i famosi moduli Consob con la rivoltella alla tempia. Rifonderli del guaio in cui si sono liberamente messi, non dipende poi dal fatto oggettivo, ma dalle caratteristiche soggettive del sottoscrittore. Si era parlato di arbitrato e la cosa già stava più in piedi, ma ora se il signor Rossi è per così dire un risparmiatore povero, viene trattato meglio di chi appartiene alla generica categoria dei poveri risparmiatori, purtroppo molto più numerosi. In tempi in cui chi ha investito in azioni, ha versato milioni e si è ritrovato in mano centesimi, qualcuno può arrivare a invidiare i «fortunati» possessori di obbligazioni subordinate Etruria. Un bel paradosso.
Né si obietti che i soldi sono del sistema bancario e non dello Stato (pochi in verità lo sanno) perché non è una colpa aver messo i soldi in banche «buone», quelle che hanno messo a bilancio fior di soldi, anche milioni, per soccorrere il sistema minacciato da una instabilità potenzialmente devastante e contagiosa. Lo hanno fatto con responsabilità e pensando egoisticamente anche al proprio futuro, ma i loro clienti vedono quotidianamente perdite di valore in Borsa. Non hanno effetto neppure provvedimenti più creativi. Ci riferiamo allo sforzo per tenere in piedi le famose 4 banche (e i loro lavoratori) anche al di là del ponte su cui sta camminando ora il liquidatore. Con il Monte dei Paschi, a suo tempo, lo Stato ci ha persino guadagnato, col suo prestito miliardario. Bene anche il fondo Atlante, che affronta, per ora in piccola misura, il problema gravissimo dei 200 miliardi di crediti in sofferenza, perché non siano svenduti. C’è una emergenza e occorre cercare rimedi anche straordinari.
Ma l’incertezza del diritto è un rimedio peggiore del male. Oltre che apparire un cedimento alle manifestazioni di piazza, e questo è sempre pericoloso, crea un precedente che potrebbe deviare il risparmio sano. Quando eravamo bambini nelle scuole c’era la giornata del risparmio. Un salvadanaio, e per i più fortunati un libretto di risparmio con 100 lire. Quella cura per il ruolo educativo, e costituzionale, del risparmio, a qualcosa deve essere pur servito, se oggi in Italia il risparmio privato tocca i 4000 miliardi, in un Paese che viaggia verso i 2500 di debito e ha un Pil che non raggiunge i 2000.
A maggior ragione, dovremmo dunque curare questo bene con la massima attenzione e delicatezza. Ma continua ad aggirarsi tra noi il peggior mostro mangia futuro che si possa temere: la sfiducia. Chi ha scelto meritoriamente di non mettere i soldi sotto il materasso ha preso batoste durissime. Difficile raccontargli che occorre ugualmente credere nei valori einaudiani del risparmio, che non deve star fermo, ma sostenere crescita e sviluppo. I bambini educati al risparmio ora sono diventati grandi, e certi esempi sono diseducativi. I materassi sono utili solo per dormire.
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