L'Editoriale
Sabato 16 Aprile 2016
Ai seggi: in gioco
non solo il petrolio
Come in tutte le battaglie politiche, anche in questa del referendum di domenica 17 aprile i veri obiettivi non sono quelli che si dichiarano in pubblico: ce ne sono di ben altri dietro le quinte.
Tanto più in questo referendum «sulle trivelle» che si intreccia con l’ennesima vicenda giudiziaria: l’inchiesta di Potenza sugli impianti petroliferi - in corso silenziosamente da due anni ma per caso scoppiata a poche settimane dal voto giustappunto sulle trivellazioni di gas e petrolio nei nostri mari - ha già provocato le dimissioni di un ministro gettando un’ombra cupa sull’intera vicenda energetica nazionale, popolandola di petrolieri, cricche affaristiche, lobby, ministri appunto col conflitto di interesse, dossier avvelenati, ammiragli presunti spendaccioni, ecc.
Non sappiamo dove arriveranno i magistrati potentini, ma di sicuro hanno già condizionato la battaglia ingaggiata da nove Regioni (sette delle quali governate da esponenti del Pd). Qual è l’obiettivo dei governatori? Col referendum essi si ribellano alla decisione del governo di dare alle società petrolifere una concessione che duri fino all’esaurimento del giacimento; ma soprattutto provano ad impedire che il governo medesimo si riprenda tutto il potere in materia di energia. Del resto, non è la prima volta che un referendum verte tecnicamente su una piccola cosa, un quesito magari incomprensibile su un aspetto particolare, ma finisce per assumere un significato più generale. Non fu così anche per il nucleare?
Insomma, qui non c’è in ballo solo il «no al petrolio» detto dagli ambientalisti che spingono per le rinnovabili - pur in un Paese che ha il record europeo in utilizzo di energie «green» - ma c’è soprattutto il fatto che questo governo, con la riforma costituzionale da poco approvata, si sta riprendendo molti poteri concessi alle Regioni dalla riforma del 2001, e tra questi uno dei più importanti è proprio il potere sull’energia. Ma le Regioni non ci stanno, e non vogliono che lo Stato organizzi la politica energetica nazionale evitando le loro forche caudine. Ecco perché i governatori hanno lanciato la loro battaglia referendaria: giusta o sbagliata che sia, e comunque voi la vogliate giudicare, sappiate che per questo motivo politico è stata scatenata. È una battaglia tra Stato e Regioni.
Ma andiamo avanti. Una volta partito il referendum, alcuni – tra questi sicuramente il governatore pugliese Michele Emiliano che non nasconde le proprie ambizioni «nazionali» - hanno capito che poteva anche essere una potente arma rivolta contro Matteo Renzi e il suo governo. Beninteso: costoro sono stati aiutati dallo stesso Renzi che, conscio del pericolo, ha cominciato a fare propaganda per il fallimento del referendum, invitando i cittadini a non votare, come dice lui, per una «bufala». Con questo suo comportamento il presidente del Consiglio, sbagliando, ha ulteriormente politicizzato e personalizzato (su di sé) una contesa che era già largamente politica.
E così domenica sera, quando conteremo quanti italiani sono andati a votare, sapremo quanti hanno ascoltato Renzi rimanendo a casa e quanti hanno risposto all’appello del fronte del sì, tutto anti-governativo, per questo intuiremo a spanne la consistenza elettorale anti-renziana. Ecco perché si dice che il referendum «trivelle» (che diversamente sarebbe passato quasi inosservato) è la prova generale dell’altro referendum, ben più importante, che si terrà ad ottobre sulla riforma costituzionale, su cui Renzi ha detto: «Mi gioco tutto, se perdo vado a casa». Domani grillini, berlusconiani, leghisti, comunisti, verdi, radicali, democratici di sinistra vedranno se la spallata a Renzi in ottobre è possibile oppure no. Ecco perché Matteo dice: «Non andate a votare»; ecco perché i suoi avversari ribattono: «Votare è un dovere».
Insomma, in qualunque modo voi la pensiate sulle trivelle in Adriatico - ammesso che vi siate mai soffermati su una simile questione - domani si vota sul governo. Il vostro voto o la vostra astensione servirà a questo, a partire da lunedì: a capire se l’epopea renziana sta tramontando oppure no. Fate il vostro gioco.
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