L'Editoriale / Pianura
Giovedì 01 Ottobre 2015
Adesso Treviglio
scenda dal ring
Una gazzarra. La ragione sepolta da una grandinata di pugni e calci. Uno spettacolo indecente quello visto l’altra sera a Treviglio al termine della seduta consiliare, quando alcuni cittadini nel porticato-ring del municipio si sono affrontati a viso aperto non più a colpi di squallidi epiteti, ma a suon di cazzotti.
Si dirà che si è trattato di un episodio isolato, di animosità. Ma non è così. Qualcosa è mutato nella comunità locale la sera del 29 settembre. C’è chi si è spinto a dire che «niente sarà più come prima». Il clima è rovente, avvelenato. Una giornata all’ombra del campanile ha mostrato una città dai due volti. Una quotidianità scandita dal viavai di gente trafelata, il barista che porta brioches e cappuccini negli uffici, gli anziani che discutono di pensioni, i sorrisi delle mamme con il passeggino, insomma la faccia di una cittadina operosa e unita. Ma la sera ha mostrato l’altro volto. L’atmosfera di un’elegante e raffinata Treviglio si è guastata. L’epilogo più triste, l’immagine di un sindaco assediato dalla gente, scortato da carabinieri e vigili per tornare nella sua casa di Pagazzano. Questione morale e questione politica vanno a braccetto.
La vicenda della laurea sbandierata da Pezzoni è grave. L’interessato si è scusato. La questione – che ha fruttato al sindaco una serie di capi di imputazione – ha dei risvolti che non si possono nascondere, come la polvere sotto un tappeto. Attorno al primo cittadino si sono strette – è bene dirlo – molte persone, sottolineandone l’umanità, le capacità, la cultura. Tutto giusto. Ma ricondurre l’assenza della laurea a un peccato veniale è un errore che si ripercuote anche nel pensiero degli studenti. A meno che si voglia dire che il «pezzo di carta» vale come una fotocopia da incorniciare.
Diversa è la questione della bugia ritenuta – dalle minoranze – una sorta di peccato originale che inficia la sua presenza sullo scranno più alto di piazza Manara. Parere non condiviso da coloro per i quali non si possono mettere in discussione anni di grandi idee e progetti. E qui la spaccatura è profonda. L’accusa di abuso d’ufficio riguardala vita amministrativa. La frattura è netta fra coloro che hanno chiesto le sue dimissioni e quelli per i quali non si è colpevoli fino a sentenza passata in giudicato. Pezzoni ha già detto la sua. Lui resta per il bene della città, per non costringere la municipalità a pagare penali salate.
Riguardando il film della serata, c’è da sottolineare che il sindaco un mezzo passo indietro l’ha fatto: non si è dimesso, ma ha detto che «una volta messa in sicurezza la nave del Comune lo farò». C’è chi dice che non mangerà il panettone a Natale, mentre per altri sarà ancora sulle ali della colomba a Pasqua. La sensazione è che dopo l’approvazione del bilancio se ne andrà. Le minoranze non ci stanno, vogliono che se ne vada subito. Nessuno vuole dare consigli a Pezzoni, ma sarà difficile poter governare una città frammentata, dove si respira un’aria pesante. Rimanere a tutti i costi in una posizione traballante può produrre effetti contrari, alimentare il clima del sospetto. Ma d’altra parte si replica: se Pezzoni ritiene di aver agito con trasparenza e correttezza, è giusto che rimanga sulla sedia, assumendosi ogni responsabilità. La serata finita in rissa è dunque lo specchio di queste contrapposizioni e contraddizioni.
Qualche peccato lo hanno compiuto le istituzioni sovracomunali che non hanno stigmatizzato l’accaduto, né chi non ha invitato alla pacificazione, a deporre le armi dello scontro politico. La ferita è ancora fresca. Ci vorrà molto prima che possa rimarginarsi.
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