Zanetti: «Così è nata Ubi Banca
Ho sempre agito con onestà»

Il presidente della Fondazione della Banca Popolare di Bergamo interviene nelle ultime vicende giudiziarie che hanno coinvolto Ubi Banca.

Con la lettera che di seguito pubblichiamo, Emilio Zanetti, attuale presidente della Fondazione della Banca Popolare di Bergamo, interviene nelle ultime vicende giudiziarie che hanno coinvolto Ubi Banca, spiegando tutto l’iter di formazione del nuovo soggetto bancario. Uscendo dal consueto riserbo che l’ha sempre contraddistinto, Zanetti chiarisce poi che in tutti gli anni in cui è stato ai vertici della banca ha sempre operato «con scrupolosa onestà, nel pieno rispetto di tutte le normative».

Egregio Direttore, ho letto con grande interesse l’articolo apparso sul «Corriere della Sera» edizione nazionale di sabato 26 novembre a pag. 13 dal titolo «Bazoli: ecco come è nata l’Ubi. Il mio impegno per la fusione». Vorrei innanzitutto esprimere al prof. Bazoli l’incondizionato apprezzamento e la gratitudine di molti italiani per l’impegno profuso in tanti anni per l’affermazione e la tutela del sistema bancario italiano.

Il prof. Bazoli chiarisce le motivazioni che hanno portato allo studio prima e alla realizzazione poi di Ubi Banca, nata dalla incorporazione in Bpu (Banche Popolari Unite) di Banca Lombarda e Piemontese. Nella mia qualità di Presidente di Bpu ho partecipato insieme ad alcuni esponenti del vertice di quella Banca alle trattative condotte con alcuni esponenti del vertice di Banca Lombarda e Piemontese, con l’obiettivo specifico per quest’ultima, di evitare il rischio di finire preda di un istituto straniero.

Per entrambe l’operazione di fusione avrebbe consentito una crescita significativa delle quote di mercato nelle varie regioni, specialmente in Lombardia, con il conseguimento di rilevanti economie di scala e importanti sinergie.

Banca Lombarda e Piemontese era una banca fortemente inserita nei propri territori e si era sviluppata nel tempo anche per effetto della fusione tra Banca San Paolo di Brescia e Credito Agrario Bresciano.

Che cosa sarebbe accaduto se Banca Lombarda e Piemontese fosse stata acquisita da un istituto straniero?

Le banche fortemente legate ai territori da sempre hanno dato sostegno all’economia servita, hanno raccolto i risparmi e hanno sviluppato gli impieghi a favore delle piccole e medie imprese e delle famiglie senza ovviamente trascurare clientela di maggiori dimensioni.

Dobbiamo riportarci ai tempi in cui sono iniziate le trattative tra i due gruppi (era l’anno 2006) e alla definizione di un progetto non semplice che ha trovato realizzazione nella delibera assembleare di marzo 2007, prima che iniziasse la crisi lunga e pesante che persiste tuttora.

Iniziava così un percorso di integrazione complesso anche nella sue modalità di realizzazione, sviluppatosi poi negli anni successivi, con molteplici interventi di carattere organizzativo, nel pieno rispetto sia dei principi ispiratori della fusione, trasfusi nelle norme statutarie e regolamentari, sia delle disposizioni normative via via succedutesi anche a livello europeo.

In mancanza della realizzazione della fusione la previsione, più verosimile, così come ha efficacemente illustrato il prof. Bazoli era quella che una banca straniera si insediasse nei nostri territori e che non riservasse la medesima attenzione che le nostre banche avevano sempre riservato alla clientela tradizionale, ma presumibilmente fosse portata a raccogliere risparmio e a sviluppare gli impieghi laddove questi erano più profittevoli, magari all’estero, facendo così mancare la linfa vitale allo sviluppo delle nostre imprese.

Di fronte a questa prospettiva io credo che sia stato un bene difendere l’italianità e promuovere il consolidamento delle nostre banche e quindi un bene realizzare l’operazione di fusione. Ci si potrebbe chiedere come mai tale operazione abbia voluto garantire un criterio di pariteticità tra le due componenti per quanto riguarda la governance.

Dobbiamo far rilevare che Bpu era una banca popolare cooperativa e pertanto le decisioni assembleari (comprese le nomine alle cariche sociali) venivano assunte con voto capitario (una testa un voto) indipendentemente dal possesso azionario, quindi il possessore di poche azioni contava nelle assemblee come colui che disponeva di parecchie azioni. La Banca Lombarda e Piemontese era una società per azioni ove un azionista contava per il peso del proprio pacchetto di azioni.

Le condizioni che ponemmo sin dall’inizio delle trattative furono che la sede legale dovesse rimanere a Bergamo e che la forma giuridica dell’istituto unificato fosse quello di banca popolare cooperativa.

Io credo che gli azionisti di Banca Lombarda e Piemontese abbiano dato prova di responsabilità rinunciando sia all’ipotesi di conferire le loro azioni a una Opa che si stava profilando all’orizzonte, sia a contare in base al possesso azionario per adeguarsi al modello di cooperativa che era ed è un modello di democrazia economica.

L’operazione si concluse quindi dopo una trattativa non semplice, mediante l’incorporazione in Bpu di Banca Lombarda e con la modifica della denominazione sociale in Ubi (Unione di Banche Italiane).

Vennero osservate tutte le formalità per quanto riguarda le comunicazioni alle autorità di vigilanza e al mercato in piena e scrupolosa osservanza delle normative vigenti.

Era chiaro a tutti che Ubi rappresentava un’aggregazione tra due soggetti e che le regole di governance prevedevano criteri di pariteticità, di alternanza nelle posizioni apicali e di alternatività nelle cariche di Presidente del Consiglio di Sorveglianza e del Consiglio di Gestione.

Era chiaro a tutti perché venne data ampia comunicazione all’autorità di vigilanza, a tutti gli enti interessati, ai soci e al mercato.

Ho voluto chiarire le motivazioni e le modalità con le quali si è pervenuto alla costituzione di Ubi Banca, una tra le maggiori e più efficienti Banche del nostro Paese, una banca che anche recentemente ha ricevuto significativi riconoscimenti sotto molteplici profili.

Mi permetto segnalare soltanto i risultati del cosiddetto stress test 2016, condotto come noto al livello europeo, che ha confermato, oltre al consistente livello dei ratios patrimoniali, la elevata resilienza a scenari macroeconomici penalizzanti, l’estremo rigore del gruppo Ubi nella conduzione dell’azienda e la qualità dei processi valutativi e dei modelli previsionali in essere (si veda comunicato Ubi del 29/7/2016).

Ora mi vengono mosse diverse contestazioni. I legali daranno tutti i necessari chiarimenti e le precisazioni del caso, nelle sedi proprie.

Anche se non l’ho mai fatto esco dal riserbo che è stato sin ora il mio costume di vita per chiarire che in quasi trent’anni nei quali ho ricoperto posizioni apicali nella Banca Popolare di Bergamo dal 1° luglio 1985 succedendo ad un grande presidente, l’avv. Lorenzo Suardi e sino al 2014 e nel frattempo presidente di Bpu Banca e successivamente per due mandati Presidente del Consiglio di Gestione di Ubi Banca, io credo di avere sempre operato con scrupolosa onestà, con dedizione, nel pieno rispetto di tutte le normative e delle disposizioni regolamentari delle autorità di vigilanza, anteponendo sempre l’interesse della Banca a qualsiasi valutazione di carattere personale, comportamenti che, con comprensibile amarezza, vedo posti in discussione

Grazie allo spirito di servizio e con la partecipazione convinta dei collaboratori di ogni livello, la «squadra» della Banca Popolare di Bergamo ha realizzato percorsi di crescita notevoli.

Basti pensare alle operazioni che dal 1985 la Banca Popolare di Bergamo ha sviluppato incorporando nel tempo la Banca Popolare di Soncino, quella di Poggio Rusco, e molto importante nel 1992 il Credito Varesino e acquisendo nel 1996 la Banca Popolare di Ancona, la quale a sua volta avrebbe incorporato la Banca Popolare di Napoli, successivamente la Banca Brignone e Centrobanca. Poi nel 2003 il gruppo Banca Popolare di Bergamo e il gruppo Banca Popolare Commercio e Industria si fusero dando luogo a Bpu, per poi giungere al 1° aprile 2007 alla creazione di Ubi Banca.

La crescita dimensionale della Banca Popolare di Bergamo e la sua evoluzione ha consentito di garantire l’autonomia e l’indipendenza; molte banche popolari che non hanno seguito un percorso di crescita sono state acquisite e incorporate in altri istituti e il numero totale delle banche popolari si è estremamente ridotto, ancor prima della legge che ha imposto la trasformazione in spa per le banche popolari di maggiori dimensioni.

Il prof. Bazoli nell’articolo richiamato afferma: «quanto sta accadendo mi lascia incredulo, faccio davvero fatica ad accettare che dopo più di trent’anni di impegno profuso con non pochi costi personali, a difesa e per la crescita del nostro sistema bancario, sia messa in dubbio la correttezza del mio operato».

Pur nel rispetto delle diverse dimensioni e delle differenti impostazioni, l’una volta alla crescita e al consolidamento del sistema bancario, l’altra più rivolta alla crescita e all’evoluzione della Banca Popolare di Bergamo, faccio mie le conclusioni cui è pervenuto il prof. Bazoli, cui rinnovo tutta la mia stima

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