Economia / Bergamo Città
Venerdì 11 Marzo 2016
Vuoi dare le dimissioni al lavoro?
Anche lasciare è più complicato
Tra le varie novità in materia di lavoro, il «Jobs act» prevede una nuova procedura per quanto riguarda la formalizzazione delle dimissioni volontarie e le risoluzioni consensuali di un contratto di lavoro.
Ora, la cessazione di un rapporto di lavoro dovrà essere comunicata dal dipendente al proprio datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro (Dtl) solo per via telematica attraverso il sito del governo www.lavoro.gov.it
La nuova norma ha l’obiettivo di dare maggiori garanzie al dipendente puntando ad azzerare le «dimissioni in bianco» (imposte dal datore di lavoro) ma rischia di creare qualche complicazione burocratica. Lo sanno bene i consulenti del lavoro bergamaschi che in questi giorni ricevono continue richieste di chiarimenti. Il motivo lo spiega il loro presidente Marcello Razzino: «Per la compilazione del modulo on line, il lavoratore ha due alternative: o farsi assistere da un ente autorizzato come patronati, sindacati, enti bilaterali e le commissioni di certificazione di cui una è presente anche all’interno della nostra categoria, oppure compilare in autonomia il modulo. Per quest’ultima ipotesi deve registrarsi sul sito del ministero e avere con sé anche le credenziali dell’Inps».
Dunque, essersi già precedentemente registrato sul portale Inps che rilascia un Pin identificativo di 16 cifre: «Se un lavoratore non possiede questo codice completo – commenta Razzino – non può dimettersi». Ergo, o si porta avanti e chiede all’Inps il proprio Pin o deve rivolgersi agli enti accreditati.
Una volta compilato il modulo di Cliclavoro, il sito del ministero rilascia una ricevuta al lavoratore contenente un «codice univoco» e la data di trasmissione; il tutto viene automaticamente inviato in sola lettura all’indirizzo di Posta elettronica certificata del datore di lavoro e alla Dtl. La data di trasmissione è particolarmente importante perché al lavoratore sono concessi 7 giorni di tempo per ritirare le dimissioni, mentre il datore di lavoro rischia una sanzione da 5 mila a 30 mila euro se cerca di alterare il modulo. «La “ratio” di questo meccanismo – aggiunge Razzino – è certificare la data della dimissioni e la loro autenticità, azzerando le “dimissioni in bianco”, un fenomeno che, va detto, per la realtà economica della bergamasca è quasi inesistente».
Se dunque sul fronte delle tutele il giudizio è positivo, i consulenti del lavoro orobici sono quanto meno perplessi sull’intera procedura «che oltre ad essere complessa e macchinosa esclude da tale adempimento proprio i consulenti del lavoro, da sempre riconosciuti come parte terza in un rapporto di lavoro. Il sistema inoltre rischia di creare pericolosi ingorghi in azienda: se un datore di lavoro, ricevute le dimissioni, trova subito un sostituto e poi, nell’arco dei sette giorni, il suo lavoratore ci ripensa? Oppure: se un lavoratore non ha la possibilità di comunicare via web con la pubblica amministrazione e comincia ad assentarsi dal posto di lavoro, che deve fare il suo titolare? Aprire una contestazione disciplinare e licenziarlo? Ci auguriamo che il legislatore possa rivedere quanto prima l’intero impianto della norma».
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