Vitigni autoctoni contro la produzione estera che minaccia i vini italiani

Il vino italiano sta conoscendo un grosso successo a livello internazionale ed è reduce da risultati importanti che l’hanno portato ad essere l’anno scorso il primo Paese esportatore negli Stati Uniti. Ma la concorrenza è molto agguerrita: dalle grandi case vinicole australiane a quelle sudafricane, la minaccia del «nuovo mondo» vinicolo è reale e concreta.

L’Italia, però, ha dalla sua un’arma segreta che non ha ancora perfezionato e usato: i vitigni autoctoni, tipici dei nostri molteplici territori. Qualcosa cioè di diverso e di originale rispetto ai classici vitigni internazionali (Chardonnay, Cabernet-Sauvignon e Merlot) utilizzati un po’ da tutti i produttori mondiali. Qualcosa che supera il discorso di una certa omologazione dei vini e che può attirare l’attenzione e l’interesse dei consumatori del futuro, più raffinati ed esigenti: appartenenti ad una certa fascia sociale, americani, europei ma ma anche quelli dei Paesi emergenti.

Tutto ciò ha spinto tre importanti soggetti del mondo enologico e del commercio internazionale - Il Vinitaly (la rassegna enologica veronese tra le più importanti al mondo), l’Enoteca d’Italia e l’Ice, l’Istituto per il commercio estero - a mettere a punto un progetto biennale denominato «Origine Italia», finanziato con 5 milioni di euro, finalizzato a far conoscere nel mondo i vitigni autoctoni italiani.

L’iniziativa - presentata nel Palazzo della Gran Guardia di Verona e che si avvale della collaborazione delle Regioni, dei Consorzi vinicoli e dei maggiori produttori - non poteva non trovare la piena e convinta adesione di Luigi Veronelli, presente anche lui alla conferenza-stampa e che da sempre si batte per la valorizzazione e il rilancio dei vitigni tipici nazionali: «È un’iniziativa rivoluzionaria ed epocale - ha detto - i vitigni autoctoni sono almeno 500, sono stati abbandonati ed è giustissimo ora riportarli in auge, sono un nostro prezioso patrimonio».

Gli obiettivi sono quelli - come ha spiegato il direttore generale dell’Ice, Ugo Calzoni - di consolidare il primato del vino italiano negli Stati Uniti (puntando in particolare agli Stati del Texas, della Florida e dell’Arizona), dare nuove emozioni ai consumatori europei stanchi e annoiati dall’omologazione dei vitigni internazionali, rafforzare la presenza in Giappone e penetrare nei nuovi mercati della Russia, della Cina e degli altri Paesi asiatici.

(10/03/2004)

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