Economia / Bergamo Città
Domenica 11 Ottobre 2015
Ubi, i soci rimasti in città
Fiducia, dubbi e pochi dissidenti
Calma piatta, risultato scontato. Anche dalla sede decentrata bergamasca al Centro congressi Giovanni XXIII, collegata in videoconferenza con la Fiera di Brescia, per l’assemblea di Ubi Banca non c’è storia: in un clima un po’ rassegnato, plebiscito per il sì.
Un unico sussulto, più che altro divertito, durante l’intervento di chi a Brescia chiedeva lumi sul dividendo 2016, da distribuire ai soci, dopo la trasformazione in società per azioni. «La domanda giusta», si mormora in platea.
In sala Oggioni – alla fine saranno circa 330 i soci presenti e una settantina quelli rappresentati per delega – tanti i soci storici che da anni seguono con interesse, anzi con «affetto», la gestione della banca, assemblea dopo assemblea. Pietro Borleri ha 82 anni e abita a Stezzano, è quello che sembra un po’ più convinto dalla proposta del presidente Moltrasio: «Dobbiamo guardare avanti – spiega – e in questo modo non si potrà che rafforzare la banca che si aprirà a opportunità migliori».
Tre anni di più (85) e un pelino più scettico invece Alessandro Damiani di Ponteranica: «Avrei preferito rimanesse una cooperativa, un ambiente più familiare e più vicino alle persone. Ma credo che dovremo adattarci alle decisioni della maggioranza». E quanto al settore bancario Damiani parla con cognizione di causa: a 14 anni - nel 1944 - era già un dipendente della Banca Commissionaria Bergamasca Lucifero Villa, per poi passare alla Commercio & Industria dove chiuderà la sua carriera come capo cassiere. «Le prime azioni le ho acquistate appena ho potuto – racconta – e poi ne ho sempre seguito con attenzione l’andamento, come seguo personalmente il mio conto. L’esperienza c’è, ma che fatica da quando si è tutto informatizzato. Credo che stiamo un po’ perdendo in rapporti umani». Entrambi, Borleri e Damiani, durante la votazione si schierano a favore della trasformazione in spa.
Chi invece, dopo aver seguito l’assemblea, decide di non partecipare al voto è un deciso Ernestino Biffi, 92 anni, e una vita da medico di famiglia a Bergamo. Non si ricorda esattamente a quando risalgono le sue prime azioni, ma qualcuna l’ha ereditata da suo papà Giuseppe, funzionario della Banca Popolare di Bergamo negli anni ’50. «Non votare è la mia forma di protesta – dice - Non sono per niente contento. Non mi va l’idea di questa società per azioni. Ho il timore che poi possa essere pilotata da qualcuno in alto loco e perda la dimensione attuale. Non credo che i soci correranno dei rischi, ma non si può mai dire. Questa è una svolta, come ce ne sono state altre nella vita della banca, mi auguro però che non ci siano conseguenze negative».
Alla fine, conclusa la votazione per alzata di mano di chi ha approvato la trasformazione, sono poco meno di una decina i soci che a Bergamo si avvicinano alla postazione (posta proprio sotto il palco) per registrare come da regolamento il loro voto contrario o astenuto. A rompere il ghiaccio risalendo dal fondo della sala è l’ex direttore generale di Banca Popolare Bergamo, Giuseppe Masnaga: «Vivo il momento con grande dispiacere – commenta – Bergamo sta perdendo qualcosa con questa trasformazione. Non c’era urgenza, da qui al 2016 con i ricorsi pendenti davanti al Tar, magari le cose sarebbero potute anche cambiare. Decidere oggi significa fare un passo irreversibile. Sono fortemente critico perché la decisione è del tutto ingiustificata e accelera la fine di una storia importante senza nessun motivo».
In sala c’è anche l’attuale direttore generale della Popolare di Bergamo, Osvaldo Ranica, che dice: «Si sta facendo un’operazione prevista dalla legge e credo che i soci abbiano colto appieno l’importanza del momento - sottolinea commentando l’assemblea - . Nel nostro mondo c’è un’evoluzione in corso, è il momento di trasformarci in spa. Noi stiamo seguendo questa strada con lo spirito di mantenere la banca con le stesse caratteristiche di prima. Del resto le banche sono costituite dalle persone e se la gestione rimarrà quella fatta finora abbiamo di fronte un futuro roseo».
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