Tagli alle deduzioni: gli autisti protestano
«Basta, pronti al fermo dei trasporti»

«Se costretti, lo faremo: sarà durissimo». Gli autotrasportatori annunciano battaglia contro la riduzione di quasi il 70% degli importi per la deduzione di spese non documentate resa nota pochi giorni fa con un comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate.

Le micro e le piccole imprese del settore che contavano da anni su questa forma di agevolazione anti crisi, si sono ritrovate a termini praticamente scaduti a dover rifare tutti i calcoli e a dover versare alle casse dell’erario una consistente somma di denaro in più rispetto al previsto, e per molte di loro questa somma rappresenta il guadagno di un intero mese di lavoro.

«Non è possibile essere trattati in questo modo dal governo – sostiene Dario Mongodi, Capo Area Trasporto di Confartigianato Bergamo, che in provincia rappresenta oltre quattrocento tra micro, piccole e medie imprese di trasporto merci e persone – specialmente per i più piccoli trasportatori questa agevolazione influiva positivamente e sostanzialmente sulla denuncia dei redditi, e la sua drastica quanto inaspettata riduzione dopo tanti anni di applicazione, getta nel panico e nello sconforto tante imprese, molte delle quali potrebbero dover arrivare alla chiusura. Molte imprese si troveranno a dover sborsare dalle duemila alle tremila euro in più di tasse che, anche se può sembrare difficile crederlo, è una somma che per molti monoveicolari (i padroncini con un solo veicolo) soprattutto di portata ridotta può spesso superare addirittura il guadagno di un intero mese di lavoro».

Ma questa è solo la punta di un iceberg, spiega Confartigianato, che da anni rischia di affondare l’autotrasporto italiano, altri e altrettanto (se non più ) gravi problemi minacciano di portare la categoria direttamente allo sfascio.

«Il problema della concorrenza dei vettori stranieri e di quelli Italiani, soprattutto i grandi, che hanno delocalizzato o aperto agenzie di trasporto all’estero e che assumono lavoratori stranieri pagati la metà dei nostri – continua Mongodi – facendo ai vettori Italiani con autisti italiani o stranieri pagati regolarmente una concorrenza insostenibile, deve essere assolutamente risolto, si deve limitare drasticamente il cabotaggio anche con interventi drastici che scoraggino questa pratica di concorrenza sleale, come hanno fatto i tedeschi con apposite leggi: è ora che i nostri politici la smettano di dire che le leggi sono europee; i governi che lo vogliono devono e possono tutelare i loro lavoratori, le loro imprese… il trasporto sottocosto porta soldi e guadagni solo alla furba committenza, ma la delocalizzazione sottrae risorse al territorio e allo stesso stato».

Anche il problema della burocrazia, la cui reale semplificazione è solo una parola tanto abusata quanto vaga, resta una catena, che rende sempre meno competitive le imprese di trasporto Italiane: il recente passaggio delle competenze dalle province alle Motorizzazioni Civili sta creando ad esempio non pochi problemi di ritardi e intoppi vari, cui la buona volontà degli impiegati delle UMC locali spesso non basta a supplire le inefficienze burocratiche del sistema. Sempre in tema di Motorizzazione Civile è di recente introduzione la modifica incomprensibile dei tempi di verifica nelle revisioni dei veicoli, che ha portato in breve tempo ad accumuli impressionanti di arretrato, costringendo veicoli in perfette condizioni a restare fermi nei piazzali delle imprese perché privi della necessaria documentazione.

Un altro esempio su come la sburocratizzazione può essere una pericolosa lama a doppio taglio, è stata l’abolizione della scheda di trasporto, altro balzello inconcluso delle leggi italiane: in Europa non esiste, ma le sanzioni a carico delle imprese purtroppo sono rimaste!

I tempi di guida poi sono un’altra palla al piede, in nome della sicurezza stradale si costringono i mezzi a fermarsi a poche ore di strada dalla destinazione, magari in siti dove manca ogni forma di parcheggio e di conforto per gli autisti, in attesa di ripartire dopo il «riposo» mentre se si studiasse seriamente il problema con l’apporto di chi sulla strada ci vive davvero, si potrebbe rendere più flessibile questa normativa, per esempio con la possibilità di spalmare sui viaggi più lunghi le ore risparmiate su quelli più corti ,naturalmente sempre nel rispetto sacrosanto del riposo intermedio.

«Parlando poi di costi minimi o di riferimento, in tanti anni di militanza nelle Associazioni di Categoria - prosegue Mongodi - non ho mai creduto (pagando anche di persona le mie convinzioni) che possano essere la soluzione dei nostri problemi… e infatti lo dimostrano le continue estenuanti lotte con la committenza per farli applicare o per doverli applicare anche quando la situazione contingente e il tipo di trasporto consentirebbe guadagni più elevati. E alla fine comunque quello che conta di più è la sicurezza nei pagamenti, non le tariffe minime! A cosa serve avere un tariffario se con la normativa attuale chi non paga la fa sempre franca? E non parlo solo del nostro settore , qui tutti gli imprenditori onesti sono danneggiati: dobbiamo pretendere che tutta la legislazione sui mancati pagamenti dei beni e dei servizi cambi drasticamente, con l’introduzione di pesanti penalizzazioni per chi non onora i propri debiti, occorre impedire che soggetti inaffidabili e truffaldini possano agire impunemente trascinando con loro decine di famiglie e poi si ripresentino ripuliti e immacolati con altri nomi o con scatole cinesi. Dateci leggi che ci garantiscano la tutela del giusto pagamento e poi alle tariffe ci pensiamo noi, anzi ci penserà il mercato stesso». «E per il fermo minacciato dalle Associazioni di categoria - conclude Mongodi - io spero vivamente che non dovremo arrivare a tanto, spero che il ministro Delrio e i suoi colleghi coinvolti si rendano conto in quale tragica situazione ci stiamo dibattendo, ma se il fermo dovrà essere attuato, allora spero che questa volta le Associazioni non si limitino al solito fermo di un paio di giorni o meno, accontentandosi di qualche promessa o di decreti che rimandano ad altri decreti per revocarlo, ma proseguano con coraggio e ad oltranza una lotta tra l’altro impopolare finché si vedano nero su bianco le nostre rivendicazioni accolte. In caso contrario prepariamoci a cantare il De Profundis dell’Autotrasporto Italiano tra le risate di chi si ingrasserà alle nostre spalle».

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