Economia / Bergamo Città
Sabato 16 Maggio 2015
Nuove tasse dal prossimo anno?
«Rischio stangata da 16 miliardi»
Per la Cgia c’è il rischio che nel 2016 ci siano 16 miliardi di euro di nuove tasse con lo scattare dell’aumento dell’Iva e il taglio delle deduzioni e delle detrazioni fiscali. Secondo i calcoli dell’associazione, già nel 2015 per pagare tutte le tasse un lavoratore con reddito sotto i 24 mila euro ha dovuto lavorare cinque mesi: dal 1° gennaio al 13 maggio.
Infatti, oltre a dover trovare nel 2015 le risorse per rimborsare i pensionati (si parla di un importo minimo oscillante tra i 2,5 e i 3 mld) e per far fronte all’eventuale bocciatura da parte dell’Ue dei nuovi regimi di fatturazione (split payment ed estensione del reverse charge alla grande distribuzione, che ci costringerebbero ad un aumento delle entrate pari a 1,7 mld), il governo Renzi - secondo l’associazione mestrina - dovrà individuare altri 16 miliardi di euro nel taglio della spesa.
In caso contrario, dal 2016 scatterà la clausola di salvaguardia che innalzerà le aliquote Iva e ridurrà le detrazioni/agevolazioni fiscali in capo ai contribuenti italiani, con un conseguente aumento delle imposte per questi ultimi.
«Il governo ipotizza una ripresa economica superiore a quella prevista nel Def con un conseguente incremento delle entrate fiscali, una contrazione dei tassi di interesse che dovrebbe ridurre il costo del debito pubblico e un rilevante apporto di gettito dal rientro dei capitali illecitamente esportati all’estero. Tuttavia - segnala Giuseppe Bortolussi segretario Cgia - se queste ipotesi non si dovessero verificare, vi sarebbero effetti negativi su famiglie e imprese».
Gli impegni assunti con la legge di Stabilità 2015, comunque, non terminano qui. Nel 2017 la clausola di salvaguardia sfiorerà i 25,5 mld e nel 2018 l’importo salirà a 28,2 mld di euro. «Con l’Ue - prosegue Bortolussi - abbiamo preso degli impegni per rispettare i vincoli di bilancio che non sarà facile onorare senza mettere mano nelle tasche dei contribuenti». Nel caso in cui non fossimo in grado di sterilizzare queste clausole di salvaguardia, dal 1° gennaio dell’anno prossimo l’aliquota Iva del 10% aumenterebbe di 2 punti e, dal 1° gennaio 2017, di un altro punto, attestandosi così al 13%.
L’aliquota ordinaria, attualmente è al 22%, dall’inizio del 2016 si alzerebbe di 2 punti, dal 1 gennaio 2017 di un altro punto e dall’1 gennaio 2018 di un altro mezzo punto. Pertanto, dal 2018 l’aliquota ordinaria si attesterebbe al 25,5%.
«Il meccanismo - spiega Bortolussi - che giustifica l’impiego delle clausole di salvaguardia è a dir poco diabolico. Se il governo non sarà grado di chiudere gli enti inutili, di risparmiare sugli acquisti, di tagliare gli sprechi e gli sperperi che si annidano nella nostra Pubblica amministrazione, a pagare il conto ci penseranno i contribuenti italiani che già oggi subiscono un carico fiscale tra i più elevati d’Europa. In passato, purtroppo, abbiamo già subìto gli effetti della mancata “sterilizzazione” delle clausole di salvaguardia. Nell’ottobre 2013, infatti, l’aliquota ordinaria dell’Iva è salita dal 21 al 22%, con un aumento del carico fiscale per gli italiani di 4 miliardi di euro».
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