
Mercatone Uno, sciopero a oltranza
A rischio ci sono 50 posti di lavoro
Contro la chiusura (che appare sempre più imminente) e contro la perdita di 50 posti di lavoro, al Mercatone Uno di Verdello sarà sciopero ad oltranza.
Dopo la nuova astensione dal lavoro spontanea, decisa dai lavoratori per giovedì 26 marzo (fino alle 19,30), a partire da venerdì 27 la mobilitazione andrà avanti fino a data da destinarsi, almeno fino al 1° aprile, quando in tutti i punti vendita del Gruppo si terrà uno sciopero nazionale.
Fuori dal negozio di Verdello continuerà nei prossimi giorni (sabato e domenica compresi) anche il presidio delle lavoratrici e dei lavoratori della catena di arredamento. Ricordiamo che alla comunicazione, nei giorni scorsi, della svendita speciale in 34 negozi di Mercatone Business si è subito diffuso il timore della chiusura di alcuni punti vendita (per la Lombardia dei negozi di Pessano con Bornago MI, Tavernerio CO, Castegnato BS e, appunto, anche quello di Verdello). Intanto, per sabato 28 marzo (ore 9.30) è già in programma un incontro tra azienda, organizzazioni sindacali e istituzioni locali organizzato dal Comune di Verdello. Parteciperanno anche le lavoratrici e i lavoratori.
«I dipendenti vogliono garanzie, risposte certe. Le proteste, durissime, di questi giorni stanno dimostrando quanto la pazienza dei lavoratori stia finendo. La protesta è partita e non si arresterà tanto presto» hanno ripetuto oggi Mauro Rossi di Filcams-Cgil Bergamo e Terry Vavassori della Fisascat-Cisl provinciale. «Apprezziamo, intanto, l’iniziativa di alcuni parlamentari locali che, sul futuro di Mercatone Uno, hanno presentato un’interrogazione parlamentare».
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Graziano Rosponi
10 anni
Bazzana, vero quello che scrive, ma altrettanto vero che si sta pagando l'arretratezza, mentale e materiale di tanti, troppi, pseudo industriali. Ho progettato macchinario industriale per quasi 50 anni, metá dei quali come libero professionista. Ho avuto contatti con industriali grandi e piccoli, molti dei quali hanno saputo stare al passo dei tempi, innovando prodotti e mezzi di produzione e tutt'ora sono in piedi, anche se a fatica. Gli altri, quelli ".... si é sempre fatto così, perché spendere quattrini per queste novità?" inutile precisarle che o hanno chiuso o hanno delocalizzato.
Paolo Bazzana
10 anni
Ah quidi secondo il sig. Rosponi, la colpa è dell'imprenditoria italiana che non sta al passo coi tempi... Certo, col mercato comune avrebbe fatto bene a delocalizzare per stare al passo coi tempi!! In nazioni che non sono paradisi fiscali, ma semplicemente normali ovvero con una tassazine che è la metà della nostra; dove la burocrazia è quasi assente, i sindacati non fanno i padroni, e le cause si risolvono in qualche mese.... La colpa è dello stato!
Graziano Rosponi
10 anni
Jobs Act un tubo. La crisi viene da lontano, cioè da quando l'azienda non ha saputo stare al passo con i tempi e si é fatta bagnare il naso dai concorrenti. Le proteste dei dipendenti, sacrosante, così come sono articolate servono a poco. Lo sciopero, in un azienda che chiude, ne agevola la conclusione. É così da sempre.
Alessio Finazzi
10 anni
sono solidale ai lavoratori, provo rabbia e profondo disprezzo per chi in questo periodo inneggia slogan di ripresa e anche per chi li diffonde spudoratamente come zuccherino dei poveri
Christian colleoni
10 anni
Il Jobs act,che bellezza