Le donne pagano di più la crisi
Soprattutto nella nostra provincia

Negli ultimi 12 mesi, la popolazione femminile della Lombardia ha pagato duramente l’uscita dalla crisi e i primi segnali di ripresa.

Infatti, se il tasso di occupazione maschile, dal secondo trimestre del 2014 allo stesso periodo del 2015, è salito (dal 72 al 72,9%), quello femminile paga gli stessi punti percentuali «a debito» (da 58 a 57,1%). Al contrario, il tasso di disoccupazione scende di 0,7 punti percentuali tra gli uomini e sale di 0,4 tra le donne.

A Bergamo, invece, secondo le rilevazioni Istat nei primi tre mesi del 2015, il tasso di disoccupazione sale anche in virtù dell’aumento del numero di donne inattive. Infatti, i tassi di occupazione di Bergamo dicono che quello maschile, attorno al 71% cresce di poco, mentre quello femminile, poco sopra il 50%, diminuisce di qualche punto percentuale.

«Sono dati molto preoccupanti. Non solo la provincia soffre di bassa occupazione femminile, ma ora vede il tasso di occupazione calare, nonostante la lieve ripresa generale. Questo significa che permangono ostacoli molto forti allo sviluppo e alla liberazione delle energie delle donne - dice Gabriella Tancredi, della segreteria Cisl di Bergamo -. Abbiamo sempre sostenuto che da questa crisi non saremmo usciti così come vi siamo entrati, e se questo può essere vero per alcuni aspetti strettamente legati alle dinamiche più consuete del mondo del lavoro, non lo è certo per altri aspetti più collaterali, come quello riferite al “genere”. Non abbiamo e non stiamo approfittando di questo momento, che preferisco definire “di cambiamento” più che di “crisi”, per dare un vero e nuovo slancio alle “politiche di genere”».

In Cisl a Bergamo, ad esempio, il Coordinamento Donne sta ragionando da tempo su come dare veramente una spinta a quel cambio di passo sempre più necessario, anche sul piano culturale, al tema della conciliazione fra i tempi di lavoro ed i tempi di vita e cura. «Ci siamo soffermate sul tema della flessibilità, da sempre vista come un’opportunità per le aziende e non una vera occasione, perché le donne possano riuscire meglio nella conciliazione del loro doppio ruolo di lavoratrici e di mamme o persone che si occupano della cura delle famiglie e non solo. Consideriamo la flessibilità poca cosa rispetto a quel cambio culturale di cui sopra e che, al momento, vediamo realizzato solo nei nostri sogni, ma senza dubbio sarebbe un primo, piccolissimo ma significativo passo in avanti nella realizzazione di una vera “conciliazione”. Si è aperta la discussione, anche all’interno della nostra organizzazione, e speriamo - conclude Tancredi - che si riesca a dare il via a quel cambiamento di cui noi donne, oggi più di ieri e certo meno di domani, sentiamo uno stringente bisogno».

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