Sono tornati stamattina sul loro ex posto di lavoro alcuni dei 114 lavoratori della Coab, la Cooperativa agricola bergamasca di Lallio, consorziata con il gruppo Amadori, che ha chiuso i battenti nei giorni scorsi. E hanno potuto osservare che il loro stabilimento stava per essere smantellato e svuotato. Un triste destino per quello che era il macello avicolo più grande della Lombardia. Con i lavoratori c’erano anche i sindacalisti bergamaschi che hanno espresso commenti piuttosto severi nei confronti della proprietà, nonostante l’accordo che garantisce la mobilità da uno a tre anni - a seconda dell’anzianità dei singoli dipendenti - e gli incentivi all’esodo per 4-5 mensilità. Il vantaggio della mobilità è che, in caso di nuove occupazioni, il datore di lavoro è incentivato ad assumere questi lavoratori perché sono esentati dal pagare i contributi.
«Ma - dice Orazio Rossi, segretario della Fai-Cisl di Bergamo - i quaranta-cinquantenni faranno comunque fatica ad essere assunti, dato che le aziende oggi vogliono solo i giovani». La critica tocca anche le istituzioni: «Regione e Provincia - dice il segretario Fai - hanno fatto passerella ma in concreto non hanno mosso un dito. La Regione Lombardia ha fatto piovere parecchi milioni a Lallio, credendo alle intenzioni della proprietà di assumere e di sviluppare l’attività. Si sono viste poi quelle che erano le reali intenzioni della Amadori. Hanno incassato e poi se ne sono andati». Duro il giudizio del segretario Flai-Cgil Pietro Locatelli sull’imprenditoria bergamasca, sul gruppo Amadori e sulle istituzioni locali: «L’imprenditoria locale e l’associazionismo industriale e cooperativo hanno assistito alla cancellazione del macello più grande della Lombardia senza colpo ferire. Il gruppo Amadori ha confermato l’assenza, nel proprio decalogo deontologico, del rispetto e della tutela della dignità delle lavoratrici, dei lavoratori, delle Rsu e delle organizzazioni sindacali. E le istituzioni, dalla Provincia, alla Regione e al ministero, pur manifestando interesse tramite audizioni e convocazioni, non sono state in grado di incidere nella vertenza limitandosi a registrare lo stato dell’arte, nonché rassegnandosi alla linea di condotta aziendale».(07/02/2007)
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