Economia / Bergamo Città
Domenica 10 Gennaio 2021
Intesa Sanpaolo, Banco Bpm e Bper
Ecco la rivoluzione sul podio delle filiali
Con il 2021 cambia la geografia bancaria. Gli sportelli totali in provincia sono calati del 30% in 10 anni. Non ce n’è nemmeno uno nel 25% dei comuni orobici.
La «rivoluzione» si è innescata nel 2020 e si vedrà nel concreto quest’anno. La geografia delle banche muterà significativamente in Bergamasca, con un ricambio delle insegne che sarà ad alto impatto. Lo racconta la fotografia dei numeri, quelli ricapitolati dalla Banca d’Italia, ma la premessa, naturalmente, è nel riepilogo delle puntate precedenti: dopo l’acquisizione di Ubi da parte di Intesa Sanpaolo, anche Bper è entrata in modo importante nella partita proiettando una presenza decisiva sul territorio orobico, perché l’istituto con sede a Modena ha rilevato, complessivamente, 77 filiali da Ubi e 7 da Intesa.
Guardando alla capillarità delle banche in Bergamasca, il 2020 s’è chiuso – secondo i dati di Palazzo Koch – con Ubi operativa in 132 filiali, la più presente nella nostra provincia, seguita dalle 92 filiali di Banco Bpm e dalle 69 di Intesa Sanpaolo; più staccate, la classifica elenca poi Unicredit con 31 filiali, la Banca Popolare di Sondrio con 28, la Bcc Bergamasca e Orobica con 27 così come la Cassa rurale di Treviglio, quindi la Bcc dell’Oglio e del Serio con 21. Altri 39 gruppi evidenziano una presenza al di sotto delle 20 filiali; 23 società si limitano a una singola sede. Sono 48, in totale, i gruppi presenti in Bergamasca.
Ma cosa succederà già nei primi mesi del 2021? Bper, appunto, vivrà la crescita maggiore, perché al momento le sedi sono solo 2 e diventeranno – per via dei movimenti legati all’operazione su Ubi e agli accordi con Intesa – 86, numeri che la porranno a terza realtà più presente sul suolo orobico dopo Intesa e Banco Bpm. Intesa Sanpaolo, appunto, potenzialmente potrà contare su 117 filiali: si tratta delle 69 attuali più le rimanenti 48 di Ubi.
Da 786 a 546 sportelli in 10 anni
È una proiezione, chiaramente, perché il piano definitivo sulla riorganizzazione della geografia degli sportelli di Intesa deve essere ancora ufficializzato da Ca’ de Sass. Andrà così riletto, infine, il numero totale di sportelli che le banche – tutte le banche – offriranno complessivamente per i cittadini bergamaschi, all’interno di un trend che nell’ultimo decennio ha visto una significativa riduzione: stando ai dati di fine 2020, le filiali degli istituti di credito in provincia di Bergamo sono 546, il 30% in meno delle 786 presenti all’inizio del 2010. Un percorso che ha subìto una forte accelerazione negli ultimissimi tempi: solo tra metà 2018 e fine 2020, andando a ritroso nei dati di Bankitalia, si sono persi 90 sportelli, cioè una media di tre chiusure al mese; negli ultimi due anni, gli sportelli venuti a mancare sono stati 30. La riduzione si rileva in tutte le realtà creditizie, anche in quelle di maggior prossimità territoriale: la galassia delle Bcc, per esempio, dalle 132 filiali di metà 2018 è ora scesa a 120. A proposito di rimodulazioni, negli ultimi due anni sono sparite in Bergamasca le insegne di Banca Prossima e Unipol Banca, che sono entrate a far parte rispettivamente di Intesa e di Bper, le stesse protagoniste delle operazioni – ben più impattanti – che hanno recentemente riscritto la mappa del credito.
«Spesso si pensa che sia l’aggregazione a portare alla diminuzione di sportelli, ma altre volte è la diminuzione degli sportelli a essere propedeutica all’aggregazione tra banche», fa notare Giovanni Salvoldi, segretario generale della First-Cisl Bergamo, secondo cui il calo generale degli sportelli «porta a una desertificazione dei servizi, soprattutto nelle valli. In quelle aree, tra l’altro, risiede soprattutto una popolazione di una certa età – prosegue Salvoldi -, che ha bisogno di questi servizi con un particolare fattore umano che solo la presenza degli sportelli danno. Così molti correntisti si spostano su Poste Italiane, che è una realtà più radicata. Per mantenere gli sportelli, potrebbe esserci un patto tra enti pubblici e privati: per esempio, i Comuni potrebbero mettere a disposizioni dei propri locali per far sì che la banca rimanga sul territorio. E una presenza delle banche sul territorio, in questa fase storica, è decisiva per stare accanto alle famiglie e per erogare credito alle imprese».
Piccoli paesi sguarniti
«Sono tempi di importanti evoluzioni – premette Cristian Manzoni, segretario della Fabi Bergamo -, che riguardano sia i lavoratori sia la clientela, e che si sono accelerati negli ultimi anni. Ad oggi, circa il 25% dei comuni della Bergamasca è sprovvisto di uno sportello bancario: e nei comuni al di sotto dei mille abitanti, solo una decina è riuscito a mantenerne uno. Da qui in avanti, tra l’altro, ipotizziamo di vedere ulteriori fusioni tra gruppi, sia per la situazione normativa sia perché le stesse norme governative tendono a facilitare le sinergie. Noi cerchiamo di tutelare il comparto, recentemente abbiamo chiuso due ottimi accordi di settore (Ubi-Bper e Banco Bpm, ndr), e di riflesso tenere in considerazione le esigenze dei risparmiatori, che sono la linfa del sistema bancario».
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