Economia / Bergamo Città
Venerdì 22 Gennaio 2016
Il riordino della Camere di Commercio
I dipendenti: «Pronti a mobilitarsi»
I dipendenti della Camera di Commercio di Bergamo, che sono già in stato di agitazione dall’ottobre 2014, se il decreto non verrà modificato, sono pronti a mobilitarsi con tutte le azioni di protesta possibili.
In un comunicato la Rsu spiega: «Il Governo lo chiama “riordino”, ma quello che si prospetta, a detta dei dipendenti della Camera di Commercio di Bergamo, è un vero e proprio smantellamento. La motivazione ufficiale è quella di “efficientare” la Pubblica Amministrazione, con un taglio delle sedi e la riduzione ad un massimo di 60 Camere, un taglio delle funzioni essenziali (funzione di sostegno alle imprese e ai territori, proprio in una fase economica così delicata come quella che stiamo vivendo) e un taglio del personale del 15% entro 180 giorni, che salirà al 25% una volta che saranno finiti gli accorpamenti. In sintesi, oltre 1000 dipendenti camerali che arrivano a 3000 considerando il sistema camerale nel suo complesso».
«Lavoratori - dicono dalla Rsu - che si sono distinti per gli alti livelli di efficienza e professionalità, facendo del sistema camerale una delle “eccellenze” della Pubblica Amministrazione . Lavoratori i cui costi attualmente non sono a carico del bilancio dello Stato in quanto le Camere di Commercio sono Enti Autonomi che si autofinanziano, ma con gli esuberi annunciati e l’eventuale ricollocamento in altri enti pubblici, diventerebbero una spesa in più per lo Stato e quindi per i cittadini».
Quindi, a chi giova questo decreto? Non giova ai dipendenti, lasciati a sorte incerta (mobilità, accompagnamento forzato alla pensione, esuberi?), con uno spreco di risorse e professionalità. Si ripercorre quindi la confusa e incoerente parabola che ha cancellato le Provincie, buttato al vento risorse e professionalità, per costringere ora le Regioni, non in grado di gestire servizi e funzioni svolte da quelle istituzioni, a inventarne di nuove? Spreco su spreco. Non giova alle piccole e medie imprese, che rappresentano oltre il 90% del tessuto produttivo del nostro Paese. I piccoli imprenditori, come certificano ripetute indagini e testimonianze degli stessi interessati, hanno sempre trovato nel sistema delle Camere di Commercio, presenti in ciascuna provincia e quindi vicine al proprio territorio, e nella professionalità della stragrande maggioranza dei dipendenti pubblici che svolgono con professionalità ed onestà il proprio lavoro: supporto, sostegno, consulenza gratuita, sin dalla fase di avvio della propria attività. Per non parlare degli incentivi economici per il miglioramento delle strutture, la formazione, la capacità di competere anche sui mercati esteri. Non giova all’economia del Paese che si è sviluppata negli anni del dopoguerra proprio su questo imponente tessuto di microimprenditorialità, che sempre più sarà costretto ora a rivolgersi a professionisti e/o esperti (o pseudo tali), alle associazioni di categoria, al “mercato”, per ottenere servizi e assistenza con costi ben maggiori delle poche decine di euro risparmiate con il taglio del diritto annuale.
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