Il pensionato medio? 1.000 euro al mese
Ma a Bergamo le donne prendono la metà

Mediamente, le donne percepiscono un assegno che è la metà esatta di quello incassato dal «colleghi» uomini: 1329 euro contro 665.

Cgil Cisl e Uil rilanciano con una nuova mobilitazione unitaria, fissata per sabato 2 aprile, con manifestazioni territoriali da Nord a Sud, che «diano visibilità alla vertenza in tutto il Paese», per chiedere modifiche sostanziali al sistema previdenziale e l’apertura da parte del governo di un confronto con i sindacati. «Cambiare le pensioni, dare lavoro ai giovani» è lo slogan che si preparano a riportare in piazza.In provincia di Bergamo, i pensionati vivono in media con assegni sotto i mille euro. In città va un po’ meglio e l’importo medio raggiunge i 1040 euro al mese. Ovunque, però, per il secondo anno consecutivo, scende il numero totale dei pensionati: in provincia nel 2015 se ne contano ben 1100 di meno (300 vivono a Bergamo). Le «proiezioni» Fnp parlano ancora, tra l’altro, di una disparità sempre più evidenti tra i trattamenti «al femminile» delle pensioni e quelli riservati ai maschi: mediamente, le donne percepiscono un assegno che è la metà esatta di quello incassato dal «colleghi» uomini (1329 contro 665).

Altro dato «interessante» riguarda l’età della popolazione pensionata: nel 2011, nella fascia tra i 55 e i 64 anni c’erano in provincia 66331 pensionati. Nel 2015 sono diventati 47813, oltre 18.000 pensionati in meno (duemila di questi in città) «e, soprattutto, più gente anziana al lavoro, con tutto quel che comporta in termini di disoccupazione giovanile e difficoltà a gestire la quotidianità di certi lavori», dice Onesto Recanati, segretario di Fnp Cisl provinciale. La visuale cambia drasticamente se si guarda la fascia sopra gli 80 anni: in quattro anni i pensionati crescono di quasi 7000 unità, da 36418 a 43278.

«Le difficoltà a mantenere in equilibrio il sistema ci sono, inutile nasconderlo – continua Recanati. Ma non si possono riversare completamente sui lavoratori e sui giovani che non possono nemmeno “partecipare” alla spesa previdenziale. È necessario, perciò ripristinare meccanismi di flessibilità (a partire dall’età minima di 62 anni oppure combinando età e contributi), riconoscere la diversità dei lavori, a indicare i 41 anni di contributi che bastano per l’uscita anticipata, garantire pensioni dignitose oggi e domani, per i giovani e per le donne».

Ad aggravare il quadro, è partito un attacco anche alle pensioni di reversibilità. Per la Fnp cittadina, non si può togliere ai poveri per dare ad altri poveri. Dopo aver fatto cassa su chi dovrà andare in pensione – insiste infatti il segretario Roberto Corona-, ora il governo cerca di far cassa nuovamente su chi in pensione c’è già. Sottoporre i trattamenti di reversibilità all’Isee è un errore che noi contrasteremo». In provincia i “superstiti” sono 66.000 (più o meno la stessa cifra di 4 anni fa) e percepiscono un assegno medio di 670 euro.

«Il governo non può pensare di fare riforme con decreti dopo sentenze della Corte - dice Michele Bettoni, segretario generale Fnp di Bergamo. Servono negoziazione e conseguenti interventi del Governo che devono prevedere meccanismi più idonei a salvaguardare, nel tempo, il valore degli assegni pensionistici e ritornare alla normalità; serve rimettere al centro del dibattito il tema delle rivalutazioni delle pensioni come da anni evidenzia il sindacato, perché il meccanismo attuale è del tutto inadeguato, non tutela gli assegni pensionistici dal progressivo impoverimento».

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