Il caro energia trascina l’inflazione: +6,9%. E brucia anche i risparmi

IN BERGAMASCA. Pur frenando gli alimentari, l’indice cresce ancora ad aprile. Secondo Bankitalia i depositi bancari diminuiti di 885 milioni in un anno.

L’ottovolante dell’inflazione ha di nuovo preso quota. Dopo quattro mesi al ribasso, l’indice su base annua è tornato a salire: era al 6,4%, ora è rimbalzato al 6,9%. Il nuovo aggiornamento territoriale dell’Istat, riferito ai valori maturati ad aprile 2023, descrive infatti un contraccolpo, causato – come si chiarisce nella nota di commento ai dati nazionali – «principalmente da una nuova accelerazione della dinamica dei prezzi dei beni energetici».

Appunto, ad aprile la variazione tendenziale (cioè l’inflazione su base annua dei prezzi) in Bergamasca si è complessivamente attestata al +6,9%: era al 6,4% a marzo, al 7,9% a febbraio, all’8,5% a gennaio, al 9,7% a dicembre e aveva raggiunto il picco del 10% a novembre 2022. Se si guarda invece alla variazione congiunturale, cioè all’inflazione su base mensile, la provincia di Bergamo ha registrato un’accelerazione dello 0,5% ad aprile, mentre a marzo aveva frenato al -0,3%, a febbraio era allo 0,1% e a gennaio era stata «nulla» (0%).

L’inflazione dei beni energetici è così tornata al +17,7% su base annua, con un incremento dell’1,2% su base mensile; l’unica «consolazione» pare la frenata (relativa) dei prezzi dei prodotti alimentari (e bevande analcoliche): su base annua l’inflazione scende al 10,1%, contro l’11,3% che si osservava a marzo 2023; in realtà su base mensile (la variazione congiunturale) c’è ancora un aumento dei prezzi dello 0,1%.

Le altre categorie

Tra le altre categorie del «paniere», per abbigliamento e calzature l’inflazione annua è pari al 2,7%, per i servizi per la casa è al 3,9%, i servizi per la salute viaggiano al +1,1%, spettacoli e cultura al +5,2%, i servizi per l’istruzione al +1%, la ristorazione al +3,6%, i servizi ricettivi al +7,2%, i servizi finanziari al +9,7%. Il dato forse più curioso è quello dei «pacchetti vacanza»: in questo caso la variazione annua dei prezzi è addirittura del 23,4%, più alta anche della fluttuazione attuale dei prezzi dell’energia (che però nei mesi scorsi aveva raggiunto un apice del +145%).

«Cinque città lombarde nella top ten»

«Purtroppo, come nel resto d’Italia, anche in Lombardia l’inflazione in aprile rialza la testa», sospira Armando Gollinucci, presidente della sezione lombarda dell’Unione nazionale consumatori: la media regionale vede l’inflazione su base annua salire all’8%, contro il 7,5% del precedente aggiornamento. «Si interrompe quindi un percorso virtuoso che durava ininterrottamente da novembre 2022 – prosegue Gollinucci -, ma il dato più preoccupante è che ben cinque città lombarde si collocano nella top ten delle più “rincarate” d’Italia, con Milano che si classifica addirittura al primo posto, Varese al quarto, Mantova, Como e Lecco rispettivamente all’ottavo, nono e decimo posto». E Bergamo? Bergamo, tutto sommato, conserva dei valori meno critici rispetto ad altri angoli del Paese. Il valore orobico dell’inflazione annua è appunto al di sotto della media regionale (6,9% contro 8%), e Bergamo è insieme a Cremona la provincia lombarda con l’inflazione più bassa (o... «meno alta»); a livello nazionale, Bergamo e Cremona sono al 39° posto. In soldoni, secondo le stime dell’Unione nazionale consumatori, per una famiglia di tre persone l’attuale valore dell’inflazione si traduce in un rincaro annuo pari a 2.185 euro: a Milano però si arriva a +2.921 euro. La Lombardia è la seconda regione più cara d’Italia, preceduta solo dal Trentino-Alto Adige.

Risparmi erosi

Insomma, l’inflazione continua a mordere. Ormai quasi «normalizzata», è una costante che accompagna la quotidianità di cittadini e imprese da ormai oltre un anno. Perché se i prodromi dell’escalation dei prezzi si scorgevano già dalla seconda parte del 2021, l’esplosione del conflitto in Ucraina a fine febbraio 2022 ha esacerbato la tendenza. Gli effetti sono concretissimi, e per far quadrare i conti molte famiglie e molte aziende hanno dovuto intaccare i propri risparmi. Oltre alle sensazioni lo confermano anche i dati della Banca d’Italia riferiti all’ammontare dei depositi bancari, in sostanza i soldi sui conti correnti: a fine febbraio 2022, quindi al momento dello scoppio della guerra, i depositi bancari dei bergamaschi registravano un volume pari a 37 miliardi e 271 milioni di euro; a fine febbraio 2023, l’ultimo dato disponibile (e a un anno esatto dall’accelerazione dell’inflazione), la somma dei depositi bancari dei bergamaschi era scesa a 36 miliardi e 386 milioni di euro. Nel giro di dodici mesi, quei risparmi si sono ridotti di 885 milioni di euro.

È successo anche a livello nazionale, e non certo solo a Bergamo, visto che sempre tra febbraio 2022 e febbraio 2023 l’ammontare dei depositi bancari in Italia e sceso da 2.098 miliardi a 2.058 miliardi di euro. In dodici mesi, se ne sono «andati» 40 miliardi di euro.

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