Il Banco chiede capitale ai soci
Pieno di sì: un miliardo e mezzo

Partirà il 31 marzo e si chiuderà il 17 aprile, tre settimane circa, l’aumento di capitale da un miliardo e mezzo approvato ieri dai soci del Banco Popolare riuniti a Lodi e, in collegamento a distanza, a Lucca, Verona e Novara.

Partirà il 31 marzo e si chiuderà il 17 aprile, tre settimane circa, l’aumento di capitale da un miliardo e mezzo approvato ieri dai soci del Banco Popolare riuniti a Lodi e, in collegamento a distanza, a Lucca, Verona e Novara. Minimo il dissenso: l’operazione è stata approvata con 9.092 voti favorevoli, 56 contrari e 19 astenuti.

L’assemblea straordinaria in Fiera a Lodi si è risolta in tre ore, con meno di venti interventi, accompagnata da un costante chiacchiericcio in sala che non si è fermato nemmeno quando l’amministratore delegato, Pier Francesco Saviotti, ha illustrato l’aumento di capitale.

«È un momento rilevante e provoca anche un certo disagio, visto che tocca il portafoglio», ha sottolineato in apertura, per illustrare poi le ragioni di fondo. Nelle condizioni attuali, il Banco sarebbe in grado di rispettare i criteri transitori di Basilea 3, ma non quelli di Basilea 2 nella versione aggiornata del 2011 che richiede il 9% di core tier 1, più altro capitale per coprire le minusvalenze sui titoli di Stato italiani registrate al 30 settembre 2011, più un’ulteriore richiesta di capitale per 254 milioni giunta da Banca d’Italia per coprire al meglio le situazioni di rischio in essere su Italease.

Da qui, ha spiegato Saviotti, l’esigenza di adeguarsi innanzitutto alle richieste degli enti regolatori, nazionali ed europei. «Ma sarebbe stato sciocco fermarci alle loro richieste - ha sottolineato Saviotti -. Ne abbiamo approfittato per fare un aumento di capitale che ci mette alla pari dei grandi gruppi nazionali e ci consente di entrare sotto la vigilanza della Bce non come una banca debole, ma solida, e di rafforzare il nostro agire sul territorio in modo più aggressivo: non dovremo più muoverci con il bilancino».

Leggi di più su L’Eco di Bergamo di domenica 2 marzo

© RIPRODUZIONE RISERVATA