Coronavirus, caccia alle scorte alimentari
Adiconsum: prezzi con rincari fino al 35%

Frutta, verdura e pasta tra i rialzi maggiori. Busi: «A Bergamo, gli operatori denunciano il raddoppio di alcuni prodotti».

L’epidemia, come più volte denunciato da Adiconsum, fa schizzare i prezzi dei generi alimentari, così, le conseguenza del Coronavirus si fanno sentire anche sul carrello della spesa degli italiani. «Del resto – dice Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo - di settimana in settimana, acquistare beni alimentari ci costa sempre di più, non solo al dettaglio, ma anche nei mercati orto-frutta, Gli stessi operatori bergamaschi denunciano un raddoppio di alcuni prodotti».

Secondo i dati Istat relativi al mese di aprile, i prezzi al consumo dei generi alimentari schizzano verso l’alto spinti dalla corsa agli acquisti degli italiani in quarantena e dallo sconvolgimento in atto sul mercato per le limitazioni ai consumi fuori casa per le chiusure imposte alla ristorazione.

Basta confrontare lo scontrino emesso oggi per la spesa con uno di appena un paio di mesi fa per capire che i prezzi al consumo sono aumentati e, in alcuni casi, volati. Come per la frutta e la verdura, che contengono le vitamine consigliate anche dall’Istituto superiore di sanità, che hanno subito aumenti che arrivano anche a segnare quota +35% rispetto ai normali prezzi applicati in questa stagione. L’Istat  segna un’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona da +1 a +2,6% (per i primi, in particolare, si passa da +1,1 a +2,8%). Aumentano frutta (+8,4%), verdura (+5%) ma anche latte (+4,1%) e salumi (+3,4%). Manca personale nella raccolta e questo determinerà una carenza e uno spreco di prodotti della terra. Ma a spingere in alto la spesa è stata anche la paura di rimanere senza scorte con la dispensa vuota che ha favorito l’acquisto di prodotti a lunga conservazione. Infatti ad aumentare è anche il prezzo della pasta (+3,7%), dei piatti pronti (+2,5%), del burro (+2,5%), dei formaggi +2,4%), dello zucchero (+2,4%), degli alcolici (+2,1%) delle carni (+2%), del pesce surgelato (+4,2%) e dell’acqua (+2,6%).

«A pesare è il persistere della chiusura di ristoranti, bar, agriturismi e, in molte regioni, anche dei mercati rionali e degli agricoltori che moltiplicando le offerte ampliano la concorrenza aumentando le possibilità di scelta dei consumatori».

© RIPRODUZIONE RISERVATA