Economia / Bergamo Città
Giovedì 04 Giugno 2020
«Circa seimila posti di lavoro cancellati
Maggiori ammortizzatori non ordinari»
L’analisi di Danilo Mazzola, segretario provinciale della Cisl , su quanto è costato il lockdown nella nostra provincia.
Circa 38 miliardi di euro «in fumo» tra industria, servizi e turismo. Circa 6.000 posti di lavoro cancellati. Tasso di disoccupazione che sale di quasi un punto. Il lascito di tre mesi di lockdown è riassumibile in pochi drammatici numeri. La Provincia di Bergamo, la sua economia pagano un prezzo altissimo alla epidemia da Coronavirus.
«Tutto da capire come il fatturato perso nei mesi più difficili dell’emergenza sanitaria possa incidere sull’industria bergamasca, che sta lentamente ripartendo. Condizione che influenzerà l’occupazione più stabile, che oltre l’utilizzo delle 18 settimane per Covid-19 necessita di ammortizzatori sociali non ordinari, visto che la corsa al recupero degli ordinativi persi andrà ben oltre il 2020». Danilo Mazzola, segretario provinciale Cisl, commenta i dati Eupolis aggiornati alla fine di aprile 2020. «Nulla di inaspettato, ma nero su bianco l’effetto è perturbante».
L’industria orobica ha visto sospendere l’attività di 18.366 aziende (il 69,4% del totale, la percentuale più alta di tutta la regione), coinvolgendo 95.919 dipendenti su 116.117addetti, e creando un «buco» nel fatturato di 24 miliardi e mezzo di euro. Nei servizi, 30.408 le aziende chiuse (il 47%, in questo caso, secondi solo a Brescia), con 42.006 lavoratori sospesi su 74.887. Qui il fatturato ha fatto segnare un meno 13 miliardi e 272.000 euro. Per il turismo, la differenza con aprile 2019 è di 191.367 presenze in meno (ovvero il totale di quanto segnato un anno fa), con 21 milioni di incassi persi, che se rapportati ai tre mesi di lockdown possono facilmente essere calcolati in almeno 50 milioni di euro in meno.
In Lombardia durante la chiusura da decreto, dal 17 febbraio al 19 aprile si sono perse 57.198 posizioni lavorative, portando ad un innalzamento del tasso di disoccupazione al 7,2% rispetto al 6% del quarto trimestre 2019 (+ 1,2%). Le cause più significative secondo i dati Eupolis sono il mancato rinnovo di contratti a termine, la mancata assunzione di lavoratori con contratti brevissimi (solitamente i camerieri), i mancati avviamenti di contratti in somministrazione per coprire i picchi improvvisi di lavoro. «Solo» l’intervento della cassa in deroga ha rallentato l’aumento della disoccupazione.
La situazione economia e occupazionale è facilmente leggibile anche nei dati sul lavoro stagionale: pur non toccando i periodi più caldi del ricorso a questo tipo di contratti, da gennaio a marzo i numeri del CpI di Bergamo segnalavano un calo del 9% nel ricorso ai contratti stagionali (quasi il 20% tra le donne). Anche qui colpiti turismo, intrattenimento, trasporti, mentre mantiene i numeri l’agricoltura.
«Se parametrassimo su Bergamo la tendenza regionale relativa alla disoccupazione - continua Mazzola -, sarebbe tranquillamente ipotizzabile che dalla crisi sanitaria vissuta nei mesi di marzo e aprile si esca con un aumento della disoccupazione di 0,7% , più o meno 6000 posti di lavoro cancellati, portando al 4,2% il tasso di disoccupazione dei primi mesi del 2020. A oggi, le prime ripercussioni sull’occupazione hanno toccato lavoratori a tempo determinato o stagionali, mettendo in grossa difficoltà persone che già vivevano una esperienza lavorativa precaria, solo in parte calmierata dalla cassa integrazione».
«Per il mondo dei servizi, del turismo e del commercio, è prevedibile una ripartenza solo tra fine 2020 e inizio 2021. Diviene allora urgente prevedere un ampliamento della cassa in deroga - conclude il segretario della Cisl -, andando oltre le 22 settimane per Covid-19, con uno strumento che possa coprire almeno tutto il 2020».
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