Economia
Mercoledì 12 Marzo 2014
Cento giorni per cambiare il Paese
Renzi presenta «la svolta buona»
Al via un «piano choc», in busta paga 1000 euro in più l’anno a chi ne guadagna meno di 1500 al mese. Per le imprese -10% dell’Irap, portando le tasse sulle rendite al 26%. Matteo Renzi mette in vendita anche le «auto blu».
Contratti a termine per tre anni senza l’obbligo di inserire la causale e apprendistato più semplice subito con un decreto legge. E poi, con un disegno di legge delega, un codice semplificato del lavoro e un assegno universale di disoccupazione, l’addio alla cassa integrazione in deroga insieme alla riduzione dei contributi ordinari per tutti ma l’aumento per chi li utilizza di più la cig. Passa per queste misure approvate dal Consiglio dei ministri il Jobs Act, con l’obiettivo di favorire il rilancio dell’occupazione e di riformare gli ammortizzatori sociali.
Oltre a queste, c’è l’avvio dal primo maggio della Garanzia giovani, il programma europeo per garantire, appunto, ai giovani entro quattro mesi dal termine degli studi o dall’inizio della disoccupazione una opportunità di lavoro, di formazione o stage e che viene allargato nel Paese alla fascia 18-29 anni (in Ue 18-24 anni). Su quest’ultimo capitolo c’è a disposizione «un miliardo e mezzo di risorse» per una platea che «riguarda potenzialmente 900 mila giovani italiani», ha spiegato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.
Il ddl è «una delega per riorganizzare l’intero sistema e sarà il Parlamento a discuterne», ha detto il premier Matteo Renzi. Il presupposto da cui si parte è che «nessun italiano deve restare a casa ad aspettare niente. Ognuno deve avere una occasione o una occupazione», ha premesso Poletti, perché “essere inutili è una condanna ingiusta».
Parola d’ordine, semplificazione. Per il contratto a termine viene elevata da 12 a 36 mesi la durata del primo rapporto di lavoro a tempo determinato per il quale non è richiesto il requisito della cosiddetta causalità (il motivo dell’assunzione), fissando il limite massimo del 20% per l’utilizzo. E con la possibilità di prorogarlo più volte, mettendo così fine alla «tortura», come l’ha definita Poletti, delle interruzioni. E’ «un buon modo per chi vuole assumere», ha detto ancora il ministro. E che se può piacere alle imprese, può lasciare perplessi i sindacati. Più semplificazione anche per l’apprendistato, prevedendo meno vincoli (senza l’obbligo, ad esempio, per assumere nuovi apprendisti di confermare i precedenti). Il ddl delega ha invece lo scopo di assicurare un sistema di garanzia universale in caso di disoccupazione involontaria: si andrà verso «l’esaurimento della cig in deroga», perché «pensiamo più correttamente ad uno strumento universale per tutti i disoccupati, in cui recupereremo Aspi e mini Aspi», ha spiegato Poletti; un assegno che sarà «graduato in ragione del tempo in cui la persona ha lavorato». Mentre «si mantengono la cig ordinaria e straordinaria», introducendo però un «meccanismo premiante: cioè abbassiamo il contributo di tutti ma chi la usa tanto pagherà di più», con una rimodulazione dunque degli oneri. Ci sono poi i servizi per il lavoro e le politiche attive, da rafforzare, e gli adempimenti a carico di cittadini e imprese, da ridurre. Oltre al riordino delle forme contrattuali, oggi circa 40. Questo potrà passare, tra l’altro, attraverso l’introduzione «eventualmente in via sperimentale, di ulteriori tipologie contrattuali espressamente volte a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro, con tutele crescenti» e, anche questo «eventualmente in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile a tutti i rapporti di lavoro subordinato, previa consultazione delle parti sociali».
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Meno tasse sui redditi bassi, taglio dell’Irap sulle imprese finanziato attraverso un aumento delle imposte sulle rendite finanziarie, ma esentando dalla stretta i titoli di Stato che «non si toccano». Di fatto convogliando risorse verso i consumi, e flussi di capitali verso i titoli di Stato. E’ la strategia per la ripresa del Premier Matteo Renzi, che domani andrà all’esame dei mercati.
La rimodulazione del fisco che tocca i ’capital gain’, progetto accarezzato da anni dall’ala sinistra della politica italiana, provocherà certamente mugugni a Piazza Affari dopo la stretta, mal digerita e alla fine naufragata nel suo intento iniziale di manovra europea, della Tobin Tax. Funzionerà così: se alla fine dell’anno fiscale un investitore guadagna in borsa 100 euro, ne pagherà al fisco 26 anziché gli attuali venti. La borsa se lo sarebbe risparmiato volentieri in questa fase, di ripresa ma pur sempre con una performance inferiore a quella di altre piazze finanziarie europee, a partire da Francoforte, e con rischi globali non indifferenti. La prova del fuoco arriverà domani all’apertura degli scambi.
GLi occhi saranno puntati sulla borsa, ma potrebbe esserci una reazione positiva sui titoli di Stato. La fase positiva dei Btp potrebbe migliorare ulteriormente, con molti risparmiatori incentivati a scegliere la fiscalità preferenziale assicurata ai titoli di debito pubblico. I primi commenti sulla stretta di Renzi sui capital gain, la cui tassazione passa dal 20 al 26%, non sembrano preannunciare che la comunità finanziaria si metterà in trincea. Emerge piuttosto l’auspico di riforme più ampie, per assicurare finanziamenti alle imprese e non disincentivare la quotazione in borsa, un aiuto importante per un sistema di piccole e medie imprese cronicamente sottocapitalizzato.
Giuseppe Attanà, presidente di Assiom Forex, spiega a First Online che se il provvedimento fosse parte di una serie di importanti riforme strutturali tese a rilanciare il Paese «non credo ci sarebbero ripercussioni particolari» sui mercati. Paolo Balice, presidente dell’Aiaf, spiega che «se andiamo a tassare le rendite dobbiamo trovare allo stesso tempo il modo di veicolare il risparmio verso le imprese». Più critico Giovanni Daprà, co-fondatore e amministratore delegato della società di consulenza finanziaria MoneyFarm, che sullo stesso sito First Online parla di una manovra «populista» che «andrebbe a colpire tutti senza distinguere fra chi investe per professione e chi ha come obiettivo proteggere il valore reale dei suoi soldi».
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