Analisi Cisl sul commercio bergamasco
«I piccoli negozi stanno scomparendo»

«Il negozio di vicinato sta soffrendo e quasi scomparendo, e la grande distribuzione fa pagare a caro prezzo le sue politiche “espansive” in termini di spazi e di orari. Poter fare la fare la spesa la domenica, in un anno, ci costa il 2% in più! E comunque, tutto questo prodigarsi in aperture extralarge non ha prodotto un benché minimo aumento dell’occupazione».

Alberto Citerio, segretario generale di FISASCAT CISL di Bergamo, legge con particolare attenzione i dati dell’indagine trimestrale della Camera di Commercio e vede concretizzarsi le preoccupazioni che la categoria della CISL da anni esterna. Nel commercio al dettaglio, e su base annua, il volume d’affari a Bergamo è al +0,6%, ma come risultato medio di una flessione degli esercizi specializzati tradizionali: impressiona particolarmente il dato nell’alimentare (-5,1%), una stagnazione nel non alimentare (-0,1%) e un aumento nel commercio non specializzato che comprende i supermercati e gli ipermercati (+2,4%).

«Il tutto – dice Citerio - al termine di un periodo storico nel quale i grandi magazzini e i centri commerciali hanno riempito la provincia di nuove e sempre più grandi strutture, ampliato oltre l’immaginabile orari e giorni di apertura senza aumentare il dato occupazionale».

Le vendite del largo consumo confezionato in ipermercati e supermercati risultano in crescita tendenziale a Bergamo del +1% in volumi e del +2,9% in valori: la differenza tra i due dati indica l’aumento di prezzo operato. «Questo significa una cosa sola – continua il segretario FISASCAT : le grandi catene ci fanno pagare i maggiori costi aumentando i prezzi dei prodotti in misura consistente. Il tutto mentre il dato nazionale dice che nel resto del Paese le vendite aumentano dell’1,4 e i prezzi dello 0,6%. È ormai scontato – conclude Citerio - che la politica espansionistica dei centri commerciali sta minando alle fondamenta la tenuta della economia familiare in provincia, già compromessa da dieci anni di crisi soprattutto occupazionale, e di conseguenza di ricchezza».

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