È un momento critico per il mercato del latte. A lanciare l'allarme sono gli allevatori che soffrono la concorrenza straniera e corrono il rischio di trovarsi le stalle piene di latte invenduto. Oltre a fare i conti con un prezzo di vendita in caduta libera, dai 42 centesimi al litro del 2007-2008 si è scesi a 29, gli allevatori soffrono l'arrivo copioso di latte a basso prezzo proveniente dai Paesi comunitari: soprattutto Francia e Germania. Di fatto è scattata l'emergenza. Tanto che ad aprile molti allevatori non sono riusciti a siglare accordi con i caseifici i quali, pur di risparmiare qualche centesimo preferiscono acquistare il latte straniero. «Latte di qualità inferiore» affermano gli allevatori, «che sta diventando l'ingrediente principale dei formaggi da sempre legati al territorio». Compresi quelli della Bergamasca (anche se, ad esempio, per i formaggi Dop è previsto un disciplinare di produzione molto rigido).
E per gli allevatori, così, il dilemma è: buttare via ogni giorno quintali di latte o «svenderlo» a prezzi stracciati, con bassi o nulli margini di guadagno. Una situazione che sta peggiorando e che, secondo la Coldiretti, ha coinvolto da inizio mese una ventina di produttori (circa mille allevamenti in provincia) per oltre 100 quintali di latte invenduti. Ma ormai l'allarme è condiviso a livello lombardo: d'altra parte la nostra regione è leader a livello nazionale sia per la produzione di latte (con una quota del 39,4%) sia nell'industria lattiero-casearia. Il fenomeno è già finito sui tavoli istituzionali: a scendere in campo sono stati gli assessori all'agricoltura delle province lombarde che mercoledì si sono riuniti in Regione per fare il punto. Obiettivo rilanciare il comparto a partire proprio dai produttori, l'anello più debole di tutta la filiera.
«All'assessore regionale Luca Daniel Ferrazzi abbiamo chiesto l'impegno ad attivare un "Tavolo del latte" tra istituzioni e caseifici lombardi per trovare una soluzione a un mercato selvaggio che sta danneggiando la maggioranza dei produttori - ha spiegato l'assessore provinciale all'Agricoltura Luigi Pisoni -. Piccoli e grandi caseifici disdicono gli accordi con i produttori locali per comprare il latte all'estero, dove il prezzo è inferiore, mantenendo però la denominazione "made in Italy" dei loro prodotti. La Regione è disponibile a monitorare il mercato, trovare un prezzo unico di riferimento e per sollecitare i caseifici a non disdire i contratti a lungo termine con gli allevatori». A confermare il calo delle consegne di latte sono i dati: tra aprile 2008 e gennaio 2009, in Lombardia la produzione ha segnato un -2%. Da Assolatte, però, fanno sapere che «la situazione rientra nella normalità» e «che l'Italia ha sempre importato dai Paesi europei circa il 15% del latte da destinare alla produzione casearia». Il vero problema «è che il prezzo viene concordato singolarmente tra azienda e allevatore» e che «per la normativa esistente non c'è ancora l'obbligo di indicare l'origine del latte, ma solo il luogo di trasformazione del prodotto». Più controlli sulla produzione e una maggiore trasparenza sono le azioni che la Coldiretti è decisa a intraprendere: «Non si possono spacciare per italiani formaggi che sono prodotti con latte straniero - spiega Giancarlo Colombi, presidente della Coldiretti di Bergamo -. La situazione sta precipitando e siamo pronti ad effettuare più controlli nei caseifici, oltre a fare pressione per estendere l'etichettatura obbligatoria e l'indicazione del latte di provenienza come è già stato fatto per l'olio».
Anche per Dario Vitali, presidente della sezione latte di Confagricoltura Bergamo, «la tendenza delle industrie è di produrre formaggio con latte straniero che costa dai 21 ai 24 centesimi al litro, trasporto compreso: concorrenza che sta penalizzando i nostri produttori». In assenza di un prezzo unico di riferimento e vista la tendenza dei caseifici ad abbandonare l'approvvigionamento di latte locale, tra gli allevatori la preoccupazione comincia a farsi sentire: «Nei caseifici si trasforma latte straniero ma esce formaggio italiano - sottolinea Aurelio Rossi, presidente della Cooperativa produttori agricoli Valle Seriana che conta 60 soci -. Con il prezzo del latte ai minimi storici, i produttori fanno già fatica a quadrare i conti, ma se ora i caseifici non ci vengono incontro comprando il latte del territorio, il rischio è che molte aziende chiudano».
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