Economia
Martedì 29 Settembre 2009
Dalmine, il dramma dei lavoratori
Se io e il figlio perdiamo il lavoro...
Preoccupazione si, rassegnazione no. È questo il clima che nel primo pomeriggio di oggi si respirava ai cancelli della Tenaris Dalmine dopo aver saputo che l'azienda ha in programma il taglio di un migliaio di dipendenti, 836 dei quali negli stabilimenti della Bergamasca (717 a Dalmine sugli attuali 2218 e 119 a Costa Volpino sui 247 dipedententi oggi in servizio).
I più preoccupati, com'è logico che sia, sono gli operai di mezza età, toppo «vecchi» per ricominciare da capo trovando un'occupazione altrove, troppo «giovani» per poter sperare di andare in pensione senza troppi problemi. Per contro, chi è ancora giovane non si sente tagliato fuori dal mercato e ha voglia di dare «un calcio a questa crisi» iniziando una nuova avventura, mentre chi è ormai prossimo alla pensione si sente tranquillo, «vicino alla meta dopo una vita spesa tra gli altiforni».
Ma tra gli operai c'è anche chi vive la preoccupazione di poter vivere un doppio dramma: «Oltre a me - racconta un padre di mezza età - qui in Dalmine lavora anche mio figlio, e se dovessimo perdere il lavoro in due, per la nostra famiglia sarebbe un vero e proprio disastro. Meglio non pensarci: ci affidiamo alla Provvidenza».
«Già da qualche tempo - racconta un operaio al cambio del turno - circolavano strane voci su possibili tagli alla Dalmine, ma non avevamo mai dato molto credito a questo chiacchiericcio, anche perché eravamo tutti convinti che un grosso gruppo industriale come la Tenaris riuscisse a superare la crisi senza grossi problemi».
A destare grande stupore sono stati i numeri degli esuberi: «Non ci aspettavamo assolutamente tagli di questa dimensione - commenta una giovane operaia ai cancelli - che ci sembrano davvero esagerati. Speriamo si possano percorrere tutte le strade possibili alla ricerca di una soluzione giusta per tutti. Con l'aria che tira in questi mesi, perdere il lavoro sarebbe una sciagura: chi lo ritrova più?».
Ma c'è anche chi nutre qualche speranza: «Certo, il momento è durissimo - conclude un operaio cinquantenne - ma sono fiducioso: la crisi bene o male sta finendo, perché non dovremme essere fortunati un po' anche noi?».
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