«Ubi presta più di una volta
Ritardi nei pagamenti il nemico»

La frecciata è andata ai cosiddetti «nostalgici» della vecchia Banca Popolare che - a loro detta - prestava soldi, era più radicata nel territorio e più attenta ai clienti. Il consigliere delegato di Ubi Banca, Victor Massiah, dati alla mano, ha smentito questa tesi.

La frecciata è andata ai cosiddetti «nostalgici» della vecchia Banca Popolare che - a loro detta - prestava soldi, era più radicata nel territorio e più attenta ai clienti. Il consigliere delegato di Ubi Banca, Victor Massiah, dati alla mano, ha smentito questa tesi: «Uno degli argomenti più apprezzati in questo contesto - ha ironizzato - è che non c'è più la banca di una volta a Bergamo... Ma nel 2006 quella che oggi è Ubi aveva il 25% di quota sportelli e il 36,7% di quota crediti. Oggi la quota sportelli è scesa al 21% e i crediti sono invece saliti al 41,5%. Questi sono i numeri. Il resto sono solo chiacchiere».

Massiah ha incontrato la stampa nella sede di Confindustria Bergamo, presenti il presidente degli industriali Carlo Mazzoleni e il presidente di Servizi Confindustria Bergamo Ercole Galizzi, prima di un incontro con gli imprenditori bergamaschi sullo spinoso tema del rapporto tra banca del territorio e imprese.

Per affrontare il quale è partito «ab ovo»: «Il Pil italiano è di 1.600 miliardi di euro; il totale dei depositi della clientela idem; gli impieghi, cioè i prestiti a imprese, pubblica amministrazione e privati sono a 1.800 miliardi. L'Italia ha dunque un sistema bancario che complessivamente impiega più di quanto raccoglie». Perché questo dato anomalo in Europa, dove accade il contrario? Ed ecco che Massiah ha puntato il dito contro quello che ha definito «il vero nemico»: «Siamo ridotti così per la totale indisciplina sui tempi di pagamento; e il cattivo esempio della pubblica amministrazione ha inevitabilmente un effetto trascinamento». Se i tempi di pagamento si dilatano, infatti, serve più capitale circolante. «Le banche - ha continuato il consigliere delegato Ubi - hanno uno stock di impieghi che è innaturale ma che va a sopperire un problema di tempi di pagamento».

E che presenta effetti indesiderati: «Con gli impieghi la banca guadagna, ma se questi non vengono restituiti perde. Ubi perde di meno fra le maggiori banche, ma negli ultimi tre anni ha comunque lasciato sul campo, in termini di credito perso che non rientrerà più, oltre 2 miliardi di euro». Questo non tanto perché la società pullula di delinquenti quanto per «una situazione di disagio economico enorme in cui l'imprenditore non riesce più a farsi pagare».

Ma la stretta del credito c'è stata oppure no? «Nella fine del 2011 e nella prima parte del 2012 - ha ammesso Massiah - è effettivamente avvenuta una frenata da parte delle banche, che derivava dalla necessità di soddisfare i coefficienti Eba». Qualcosa come 40 miliardi a livello di sistema bancario, anche se, guardando all'Ubi, «la nostra quota parte l'abbiamo levata ai grandi gruppi come l'Enel e l'Eni e non alle piccole imprese». E tra queste, ha negato che vi sia stata una penalizzazione nei confronti di settori come l'edilizia e il tessile. Del resto - ha aggiunto - «come banca siamo chiamati a selezionare al meglio le richieste di denaro; gli stessi imprenditori non sarebbero soddisfatti se noi distribuissimo denaro a pioggia». E così come ci sono «imprenditori buoni e cattivi», anche «da parte delle banche e della stessa Ubi qualche errore nell'affidamento crediti è stato fatto, anche se sempre all'interno di un perimetro dove gli impieghi sono maggiori della raccolta».

Mazzoleni ha detto di condividere l'analisi di Massiah: «Di fronte all'esplosione delle sofferenze bancarie si può anche capire che le banche abbiano una certa prudenza nella concessione del credito. Ma occorre che le imprese comincino a pensare che non si può finanziare la propria attività esclusivamente con il credito bancario. Semmai, se c'è un motivo di lagnanza, questo è legato ai tempi di risposta e quindi sollecitiamo le banche ad essere più celeri, anche in caso di risposta negativa».

Massiah ha, a sua volta, concordato: spesso i funzionari di banca, se si vedono costretti a dire no alle imprese, vogliono l'avallo dei capi, e così i tempi si dilatano. Alla fine tutti si sono detti d'accordo sulla necessità di «vincere paure e ritrosie reciproche, puntando su una maggiore trasparenza e fiducia». «È comunque anche vero ? ha aggiunto Massiah per completare il quadro ? che, per effetto della crisi, è calata la richiesta di finanziamenti sia da parte delle imprese che delle famiglie». Massiah ha voluto poi smentire un'altra diceria: «e cioè che in Italia sia stata dirottata una dimensione enorme di fondi per sanare le banche». E invece i dati dicono che «in Italia il supporto effettivo dato alle banche è sotto il 2% del Pil: siamo al penultimo posto in Europa». Ed è tornato sul «rapporto Liikanen», in base al quale «Ubi ha in Europa il più elevato livello degli impieghi sul totale dell'attivo». Siamo al 77% contro il 60% di Unicredit e IntesaSanpaolo e addirittura il 20% di altre banche straniere.

Ospite degli industriali, Massiah, infine, non poteva non riconoscere il ruolo centrale del manifatturiero nel nostro Paese: «Oggi siamo in presenza di una diversificazione delle esportazioni: risultano sotto i valori del 2007 le esportazioni nell'Europa dei 27, ma ben sopra i livelli del 2007 le esportazioni nei Paesi extra Ue. Questo significa che la nostra imprenditoria fatta di "multinazionali tascabili" è capace di conquistare con successo Paesi lontani e difficili per motivi di lingua e cultura». L'Italia è seconda, dopo la Germania, in termini di percentuale delle esportazioni mondiali di prodotti manifatturieri sul Prodotto interno lordo. Se il peso sul Pil dell'export di prodotti manifatturieri è del 35% in Germania, in Italia è del 19,3% e in Spagna del 16%. Seguono gli altri. Una volta tanto.

P. S.

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