Intesa e Sanpaolo: preoccupano le ripercussioni occupazionali

Va bene l’aggregazione tra due importanti istituti di credito nazionali per dare vita a un gruppo che si collocherà tra i maggiori in Europa, ma i sindacati bergamaschi del settore bancario non si nascondono le preoccupazioni per le ripercussioni occupazionali che la fusione tra Intesa e Sanpaolo-Imi potrà provocare anche a livello locale. In provincia di Bergamo Sanpaolo-Imi conta 89 sportelli, Intesa 38. Secondo un calcolo indicativo, i dipendenti del Sanpaolo sono circa 850, quelli di Banca Intesa 450.

«È fondamentale per lo sviluppo del nostro sistema produttivo - dice Carlo Piarulli, del comitato nazionale del settore credito della Fiba-Cisl - avere due o tre gruppi nazionali in grado di competere a livello globale. Ma, stante la tipologia delle nostre imprese, è altrettanto importante avere banche di piccole e medie dimensioni, fortemente radicate sul territorio».

Per quanto riguarda le ricadute occupazionali - aggiunge Piarulli - i sindacati e gli istituti di credito «hanno da tempo realizzato uno strumento finalizzato ad ammortizzare gli effetti delle fusioni e che ha accompagnato alla pensione più di 35 mila addetti. Ciò significa che una parte consistente di lavoratori a cui mancavano non più di 5 anni al diritto pensionistico si sono avvalsi di tale opportunità. Occorrerà dunque la massima attenzione alle tutele e alla valorizzazione delle risorse umane che tanto hanno contribuito al successo delle due realtà».

Un altro aspetto riguarda i clienti delle banche interessate da questi processi: «Ben vengano i grandi agglomerati - dice Piarulli - ma fondamentale è che si realizzi anche un giusto contenimento dei costi sia sul piano dei servizi che dell’erogazione del credito».

(28/08/2006)

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